giovedì 15 gennaio 2009
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Caro Direttore,non sono un esperto, e ragiono col vecchio buon senso. Il caso Englaro, con le sue dolorose implicazioni mi sembra un cavallo di Troia adatto per imporre l’ennesima "mutazione genetica" nel sentire comune della gente. Ma a questo punto supponiamo che la manovra abbia pieno successo, e venga stabilito per legge, una volta per tutte, il diritto di morire quando si vuole, senza se e senza ma. Vediamo cosa può succedere in pratica. Anzitutto si vorrà disciplinare la cosa: mi suicido quando e come voglio, purché non si danneggi il prossimo. Non posso, suicidandomi col gas, far saltare il mio appartamento e anche quello dei vicini. Questo è l’unico limite. Poi: diventa inutile, e contrario alla legge, dissuadere chiunque dal suicidio. È un diritto, e come tale va salvaguardato. Se l’aspirante vuole cambiare idea, è suo diritto, ma si sbrighi a farlo. No a stupidi eroismi di chicchessia, forze dell’ordine o volenterosi cittadini in bilico sui cornicioni per dissuadere il candidato. Anzi, nel limite del possibile si faciliti il suicida a godere del suo diritto. Inoltre: in questa società mediatica, dove tutto fa notizia, è giusto che i suicidi migliori vengano ripresi dalla TV, e sotto certi aspetti è bene che ci sia un pubblico che incoraggi e aiuti il suicida nel suo proposito. Proseguendo su questa strada si potrebbe immaginare una sorta di Grande Fratello, con la promessa di un premio in denaro a qualcuno (parenti, amici) se il suicida organizza la sua morte mediaticamente e ha fantasia, venendo naturalmente aiutato dagli organizzatori dello show. E qui mi fermo. Ce n’è più che abbastanza per ricordare da vicino i divertimenti dell’antica Roma. Ritornando poi al caso Englaro, ecco una massima: quando si socchiude una porta, è facile poi spalancarla e chiunque può, a quel punto, entrare.

Giovanni Mazzarol

Avrà certamente avuto modo di leggere l’editoriale di ieri, del professor D’Agostino, che analizzava il fenomeno dei cosiddetti "nuovi diritti"nel quadro del dettato costituzionale, svelandone l’incongruità. «I diritti "vanno presi sul serio"; ma se i diritti esistono, esistono perché non sono né nuovi né vecchi: i diritti della persona sono diritti fondamentali e basta. Sostenere il contrario veicola l’intenzione di forzare la corretta immagine dell’uomo che emerge dal testo della nostra legge fondamentale, dilatando arbitrariamente l’elenco dei diritti che essa riconosce e difende … La Costituzione non riconosce come diritto fondamentale né la richiesta di eutanasia, né il rifiuto delle cure. Essa semplicemente nega che una persona possa essere obbligata a un determinato trattamento sanitario, se non per disposizione di legge (art. 32)». Il rischio, ben rilevato da D’Agostino, è che il "nuovo", sottragga progressivamente valore a ciò che, per differenza, risulta inevitabilmente "vecchio" e le conseguenze sul terreno del fine vita potrebbero essere proprio quelle che lei delinea. È una prospettiva che si può assecondare? Nel caso specifico, poi, davvero mi chiedo come i tanti paladini giudiziari, intellettuali, mediatici della causa del papà di Eluana, riescano a non farsi neppure lambire dal dubbio di fronte alla clamorosa mancanza di seguito che la loro battaglia riscontra proprio tra i più diretti interessati. Sappiamo tutti che nel nostro Paese ci sono dalle due alle tremila persone in stato vegetativo, con altrettante famiglie alle spalle. Da loro le voci di consenso allo "staccare la spina" (che è tale, ricordiamolo, solo metaforicamente) non arrivano al numero delle dita di una mano. Semmai, le critiche e gli appelli riguardano le insufficienze dell’assistenza prestata ai loro cari. Tante ragioni e tante voci riassunte da Fulvio De Nigris nell’appello, da noi pubblicato il 10 gennaio scorso, rivolto al conduttore televisivo Fabio Fazio perché nella sua trasmissione non desse voce solo alla tesi del papà di Eluana. Nella puntata di quel giorno di "Che tempo che fa" – si è detto – non ce n’è stata la possibilità, perché preregistrata (possibile però che nell’accurata documentazione su cui la trasmissione viene costruita, non risultasse traccia di alcuna voce "diversa"?). Per verificare se si intende ovviare all’unilateralità non resta quindi che aspettare, sperando che la "moratoria" non si confermi intesa a senso unico.
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