martedì 26 marzo 2019
Non bevono, non fumano, non si drogano: uno stile etico dalla rivolta contro il '68. Dietro al movimento «Straight Edge» una tendenza dai contorni morali dai tratti estremi
Un giovane aderente al movimento «Straight Edge»

Un giovane aderente al movimento «Straight Edge»

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Tutto cominciò nel 1981, a Washington, con una canzone scritta da Ian MacKaye per la banda di punk duro Minor Threat, che conteneva l’espressione chiave 'Straight Edge', che si può rendere in italiano con 'rigare dritto'. «Non bevo, non uso droga, non faccio sesso promiscuo. Ho la mente pulita. Sono uno 'che riga dritto', una 'testa a posto'», cantava MacKaye, e quello stile di vita, all’epoca, suonava come una ribellione. Perché, per la generazione di MacKaye, i 'baby boomers', i figli del Sessantotto, la trasgressione era la regola. Amore libero, spinelli, marijuana e cannabis, alcol. Questo modo di vivere delle periferie americane non piaceva più a molti fan di MacKaye che cercavano di dare un significato alla loro vita e non volevano sfuggire alla realtà ma abbracciarla, capirla e, soprattutto, controllarla. Tanto che alcuni sostenevamo un individualismo estremo, che li portava anche a rifiutare la scuola e il lavoro organizzato.

Durante la sua adolescenza, MacKaye aveva visto l’autodistruzione che lo stile di vita 'sesso, droga e rock and roll' aveva provocato su amici e conoscenti ed era determinato a salvarsi. Sentiva che non faceva per lui. E il suo buon esempio si diffuse, attraverso le band musicali punk hardcore, i concerti che tenevano e i dischi venduti. Iniziatore, MacKaye, di uno stile vita 'etico' e, involontariamente, di successo. Negli anni, tante persone seguirono la filosofia di vita 'Straight edge' suggerita da quella canzone. Non solo. La interpretarono in modo rigidissimo, introducendo tra le regole anche il veganesimo, benché queste non siano mai state le intenzioni dell’autore.

Nacque, cosi, tutto un filone di band 'rigare dritto' e il movimento conobbe una certa diffusione. Quarant’anni dopo gli 'Straight edge' sono ancora numerosi, migliaia (ovviamente, non c’è un censimento affidabile), tanto che esiste anche un 'Edge Day' che viene festeggiato, ogni anno, negli Stati Uniti il 17 ottobre. Gli 'Straight edge' si concentrano soprattutto a Boston e New York, ma anche in Europa hanno certa diffusione. È una tendenza robusta, presente in ogni Paese della Ue, anche se più popolare in Svezia, Belgio e Portogallo. MacKaye, intervistato più volte sull’argomento, ha sempre negato di aver voluto avviare uno stile di vita etico, contrario agli abusi di alcol e droghe. «Per me 'Straight edge' era soltanto il titolo di una canzone – sempre spiegato –. E penso che alcuni abbiano abusato di quell’espressione e consentito al loro fondamentalismo di interferire con il messaggio che volevo dare. La intenzione era fare sapere che alcune parti del movimento hardcore punk erano troppo distruttive e non volevo farne parte».

«MacKaye non era interessato a dare vita a un movimento che avesse regole precise su come doveva comportarsi chi vi appartenesse. Questo fu un fenomeno successivo, della metà anni Ottanta, iniziato dai gruppi musicali di Boston DYS e SSD e da Youth of Today», racconta oggi Gabriel Kuhn, storico 'Straight edge' che ha firmato il libro 'Storie, filosofia e racconti dalla scena hardcore punk', pubblicato in Italia, nel 2011, da Shake edizioni. Ora ne sta scrivendo un altro, dedicato al periodo più recente del movimento, gli ultimi dieci anni. Kuhn spiega come il fenomeno 'Straight edge' sia ancora rilevante e sia presente, anche in Italia, grazie a band come Absence a Torino, Purification a Roma, conosciuta anche all’estero, tra il 1996 e il 2005, e The Ashes, un gruppo di Bologna piuttosto popolare in questo momento. Anche il noto autore di storie a fumetti Zerocalcare si è dichiarato seguace del movimento.

Profondo conoscitore dei gruppi, lo storico conferma che «il comune denominatore del movimento è sempre l’assenza di alcol, fumo e droga e che le band musicali più popolari sono ancora quelle degli anni Ottanta e Novanta che si sono, via via, riformate, Youth of Today, Earth Crisis, Refused». «Attualmente, il movimento è un po’ cambiato, rispetto al passato, quando prevaleva una cultura maschilista e rigida – dice lo storico –. Non si tollerava, allora, che uno che 'rigava dritto' bevesse anche un bicchiere di vino o fumasse una sigaretta. Il colpevole veniva subito accusato di essere un 'broke the edge', uno che viola le regole. Oggi c’è una presenza femminile maggiore e le band, dagli Stati Uniti, sono sbarcate in Europa. Anche la musica è cambiata, più acustica e meno hardcore punk».

Shane Little, 'Straight edge' quarant’anni dopo MacKaye, ha una storia per molti aspetti simile a quella del cantante. «Sono cresciuto in una famiglia modesta, in una piccola città di nome Feltham, vicino all’aeroporto di Heathrow, e i miei amici, e anche alcuni dei miei parenti, bevevano oppure facevano uso di droghe. A me, però, quel modo di vivere non è mai piaciuto – dice –. Fin da ragazzino ho cercato di dare uno scopo alla mia vita e sceglievo con cura i miei amici. Quando venivano a chiamarmi i coetanei del quartiere, prima di uscire, chiedevo che cosa avremmo fatto insieme e non mi interessava bere, il divertimento più diffuso. Così mi sono avvicinato alle band hardcore punk, collegate al movimento 'Straight edge'».

«Ho frequentato, tra i sedici e i vent’anni, le 'scene' di Londra e di Boston, dove la mia famiglia si era trasferita per un certo periodo – continua –. Ci conoscevamo tutti e andavo a due concerti la settimana. Quella piccola comunità dava un significato alla mia vita», conclude Shane, ora dottorando in studi politici internazionali all’università di Loughborough, dopo una laurea alla Kingston University di Londra e un master, sempre in politica, al Goldsmiths College. La sua storia fa capire che esiste una tendenza, nel movimento 'Straight edge', ad andarsene, una volta superati i vent’anni, oppure a rimanere, ma per motivazioni diverse da quelle per le quali ci si è avvicinati inizialmente.

Ancora 'Straight edge', a quarantasei anni, è Gabriel Kuhn che sa di appartenere a una minoranza. «Sette o otto 'Straight edge' ogni dieci entrano nel movimento con l’adolescenza e lo lasciano una volta raggiunti i vent’anni – racconta –. Chi rimane ancora per qualche anno, quasi sicuramente, continuerà a farne parte, anche per il resto della vita. Si resta 'Straight edge' perché quei valori condivisi sono diventati una parte essenziale di noi stessi e sono più forti dell’appartenenza al gruppo. Oggi ho due bambini piccoli e vado solo a circa cinque concerti all’anno». E le origini 'etiche' del movimento? Kuhn le ritrova in tendenze politiche progressiste e anche in comunità religiose. «L’hardcore punk, negli anni Settanta e Ottanta, era un movimento ribelle e anticapitalista, che favoriva un certo moralismo – spiega Kuhn –. Negli Stati Uniti molti giovani crescono in un ambiente religioso ed esistono band 'Straight edge' che si definiscono cristiane. Per esempio, molti figli di mormoni sono diventati 'Straight edge' perché sono cresciuti in una cultura che promuove il rifiuto dell’alcol e hanno trovato, in questa parte dell’hardcore punk, un ambiente dove si sentono a loro agio, anche se è molto diverso da quello nel quale sono cresciuti».

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