I gesti di preghiera che ci uniscono e il lavoro di pace che riguarda tutti
sabato 22 maggio 2021

Gentile direttore,
ho notato che c’è un gesto di preghiera che ci accomuna con i musulmani e che tanti cattolici stanno già compiendo durante la recita del Padre Nostro, quando si aprono le braccia con i palmi delle mani rivolti verso l’alto. Non sarebbe giusto e possibile estenderlo a tutti? È bello trovare punti in comune!

Fabrizio DeRossi Reggio Emilia

Quel bellissimo gesto di preghiera, le braccia aperte e i palmi delle mani rivolti in alto, è comune a molti credenti di diverse fedi, non solo a cristiani e musulmani. Così come le mani giunte, segno di rispetto e di deferenza, avvicinano il modo di pregare dei cristiani e quello dei seguaci di diverse religioni dell’Oriente, in particolare del buddismo. Abbiamo chiare le differenze, ma come lei dice, gentile signor DeRossi, è davvero consolante trovare punti in comune. E nutre la nostra speranza. Chi compie gli stessi gesti, e gesti così importanti, può scoprire sempre nuove parole condivise, può offrirsi a vicenda parole-ponte e può lavorare insieme per costruire vera pace nel segno della fraternità. Nel nostro mondo, troppo ancora senza accoglienza reciproca, senza libertà e senza giustizia, è cominciato ad accadere in forma anche solenne. Pensiamo allo spirito di Assisi suscitato, nel 1986, dalla grande intuizione di Giovanni Paolo II e al fuoco di bene che continua ad accendere nel cuore di tutte le religioni. Pensiamo allo straordinario 'Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune' firmato da papa Francesco e dal grande imam Ahmad Al-Tayyeb ad Abu Dhabi nel 2019 e alla entusiasmante enciclica 'Fratelli tutti'. Crediamo (e la pensiamo) diversamente, ma possiamo pregare all’unisono e impegnarci a cambiare in meglio le nostre società.

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