Gli anziani, il bisogno di servizi e quella necessaria, fondata speranza
mercoledì 11 ottobre 2017

Caro Avvenire,
è dato scientifico che gli anziani costituiscono una fetta sempre più consistente di popolazione ma è altrettanto chiaro come le problematiche che quotidianamente devono affrontare condizionino negativamente il loro poter essere ancora una risorsa. Cosa accade? Che quella stagione della vita che si chiama vecchiaia diventi ingestibile anche per una errata o mancata informazione sui servizi di cui gli anziani possono usufruire per la difficoltà oggettiva a districarsi e orientarsi nell’arcipelago dei servizi sociosanitari. E per gli anziani di Catania, la mia città, ancora di più, perché hanno una quotidianità fragile. La solitudine non è una malattia, è invece una patologia della vita sociale che non si combatte con le medicine, ma con le occasioni per non essere soli e con i luoghi per riunire le persone. Gli anziani hanno bisogno di occasioni per incontrare persone, opportunità di svago, un numero telefonico non solo per le emergenze, ma anche per “mettersi d’accordo dove andare questa sera” o a quali spettacoli assistere. Ci vogliono più risorse per fare in modo che gli anziani vivano la vecchiaia non come una stagione del fatalismo esistenziale, ma come un’età per una vita normale. Bisogna, soprattutto d’estate, sapere offrire divertimento, feste in città, gite “fuori porta”, ma anche la possibilità di andare a cena nei ristoranti con uno sconto consistente. Una vita normale per una vecchiaia normale. Per fare questo è necessario costituire “un fondo contro la solitudine” per gli anziani. Non è un appello, ma il richiamo alla consapevolezza della situazione che oggi ed in prospettiva si rischia di avere nella mia e nelle nostre città.

Francesco Vitale - Catania

A fronte dell’invecchiamento della popolazione che gli studi demografici indicano come inesorabile è certo che la società dovrà organizzarsi per fare fronte alle esigenze di una così ampia fascia di cittadini anziani. Assistenza, sanità, servizi, tutto dovrebbe essere rimodulato per fare fronte ai bisogni di una popolazione in così larga parte avanti con gli anni. Giusto quel che dice il signor Vitale: preparare una vita normale per una vecchiaia normale. Per un tempo della vita che non sia considerato residuale, o declino della vita “vera”. Tuttavia, devo dire che, se penso alla mia vecchiaia che verrà, non mi preoccupa tanto la organizzazione sociale in cui verrò a trovarmi, ma qualcosa di anteriore e interiore. Come mi sentirò io, come guarderò io alla vita, in quel futuro. Col passare degli anni osservo sempre più attentamente gli anziani che incontro. Ce ne sono di splendidi, sereni, fiduciosi, gente che dà coraggio ai più giovani. E ce ne sono di ristretti in un orizzonte di declino, concentrati solo sui loro mali, amari con il prossimo. Quale è, mi chiedo, la scriminante che porta a una buona vecchiaia? Per quanto riguarda me penso che possa essere solo la fede. La certezza di un destino buono che mi attende. Ne ha parlato il Papa nella udienza dello scorso 23 agosto: «Le pagine finali della Bibbia – ha detto – ci mostrano l’orizzonte ultimo del cammino del credente: la Gerusalemme del Cielo, la Gerusalemme celeste. Essa è immaginata anzitutto come una immensa tenda, dove Dio accoglierà tutti gli uomini per abitare definitivamente con loro. E questa è la nostra speranza. E cosa farà Dio, quando finalmente saremo con Lui? Userà una tenerezza infinita nei nostri confronti, come un padre che accoglie i suoi figli che hanno a lungo faticato e sofferto. Giovanni, nell’Apocalisse, profetizza: “Ecco la tenda di Dio con gli uomini! [… Egli] asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”». Qualcuno, ha poi aggiunto Francesco, «crede che la vita trattenga tutte le sue felicità nella giovinezza e nel passato, e che il vivere sia un lento decadimento». Questo in effetti è il sentire comune, il sentire del nostro tempo. Ma noi «crediamo invece che nell’orizzonte dell’uomo c’è un sole che illumina per sempre. Crediamo che i nostri giorni più belli devono ancora venire». «Il futuro – ha concluso Francesco – non ci appartiene, ma sappiamo che Gesù Cristo è la più grande grazia della vita: è l’abbraccio di Dio che ci attende alla fine, ma che già ora ci accompagna e ci consola nel cammino. Lui ci conduce alla grande “tenda” di Dio con gli uomini, con tanti altri fratelli e sorelle, e porteremo a Dio il ricordo dei giorni vissuti quaggiù». Ecco, se io mi immagino la mia vecchiaia spero, sì, nella sanità, nell’assistenza sociale. Ma, se anche fossero le migliori possibili, non mi basterebbero. Spero invece di avere questa certezza ad accompagnarmi, quella di non andare verso la fine, ma, dopo tanta fatica, verso il vero inizio. E di essere animata dunque da una radicale, fondata speranza che mi sappia fare affrontare le malattie e il decadimento fisico come fossero cose del momento: che passeranno, che saranno sanate, quel giorno. In quella grande tenda dove siamo attesi e dove scopriremo, promette Francesco, che «nessuna lacrima è andata perduta».

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