martedì 9 dicembre 2014
Il rapporto dell'Istituto Toniolo: ritratto di una generazione. ​Analisi di Alessandro Rosina: l'esclusione fa crescere diseguaglianze e costi sociali.
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​La condizione delle nuove generazioni è da tempo all’attenzione pubblica e continua a suscitare ampio interesse, spesso misto a preoccupazione, a ogni livello sociale. Si tratta di un tema che tocca i giovani stessi e le loro famiglie, coinvolge i tanti che, a vario titolo, interagiscono con loro nel percorso formativo, nell’impegno sociale e lavorativo, ma si estende anche a tutti coloro che sono interessati a capire come sta cambiando la società italiana. In risposta a questa diffusa domanda conoscitiva l’Istituto Giuseppe Toniolo, con il sostegno di Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, ha avviato da qualche anno una ricerca estesa e dettagliata che ambisce a diventare il principale punto di riferimento informativo sulla realtà complessa e in continua evoluzione dei giovani italiani. Ogni anno questa ricerca produce un volume, che contiene i principali e più aggiornati risultati con taglio facilmente accessibile all’ampio pubblico. Proprio in questi giorni è disponibile in libreria "La condizione giovanile in Italia - Rapporto giovani 2014" (ed. Il Mulino). L’universo delle nuove generazioni è certamente molto più articolato e ricco rispetto al loro tormentato rapporto con il lavoro e al benessere economico. Il ritratto multidimensionale e pieno di sfaccettature fornito nei diversi capitoli del volume lo conferma. È, però, anche vero che in questo frangente storico le preoccupazioni maggiori, con ripercussioni anche negli altri ambiti di vita, derivano dal non trovarsi con solide basi su cui costruire le fondamenta del proprio futuro. Le società moderne avanzate sono caratterizzate da un notevole aumento della rapidità del cambiamento e da un elevato grado di complessità e specializzazione. Per le nuove generazioni è quindi sempre più importante partire da una solida formazione e poter contare su strumenti adeguati per fare le scelte giuste nel passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. L’Italia risulta essere, purtroppo, uno dei Paesi avanzati in cui i giovani si trovano meno attrezzati a vincere le sfide e a cogliere le opportunità di questo secolo. Negli ultimi anni il quadro è ulteriormente peggiorato a causa della prolungata congiuntura economica negativa, in combinazione con la cronica carenza di misure a sostegno dell’autonomia e di promozione dell’intraprendenza nella società e nel mercato del lavoro. La particolare situazione di difficoltà emerge in modo netto sia nel raffronto con le opportunità delle generazioni precedenti sia con i coetanei degli altri Paesi avanzati. Dagli indicatori ufficiali non emerge un quadro generale rassicurante: il tasso di disoccupazione giovanile ha superato abbondantemente il 40%; la quota di Neet (18-29enni che non studiano e non lavorano) è tra le più elevate in Europa, la percentuale di chi a tre anni dal diploma o dalla laurea ha un lavoro è di oltre 20 punti percentuali inferiore rispetto alla media Ue27.
Ma già prima della crisi eravamo uno dei Paesi meno in grado di immettere i membri delle nuove generazioni in un percorso virtuoso di arricchimento delle proprie vite e di produzione di benessere per il Paese. Anziché protagonisti attivi di un’Italia che cresce si sono sempre più trovati ad essere spettatori passivi di una nazione che arranca. La recessione ha agito ulteriormente da freno diventando moltiplicatore di fragilità: varie ricerche sulla povertà dell’Ocse e di Bankitalia concordano nel mostrare come negli ultimi anni l’impatto maggiore sia stato subito dai giovani e dalle giovani coppie. Le conseguenze delle difficoltà a costruire solidi progetti di vita si vedono anche sulla demografia, tanto che il 2013 è stato l’anno in cui si è toccato il punto più basso delle nascite nella storia della Repubblica italiana.
I dati del Rapporto Giovani aiutano ad andare oltre gli indicatori ufficiali e rivelano come nelle nuove generazioni rimanga complessivamente alta la volontà di non rassegnarsi, ma come crescente sia anche la frustrazione per il sottoutilizzo delle proprie potenzialità. Sempre più complicato è trovare la propria strada. Una condizione che, complessivamente, rende il percorso di transizione alla vita adulta simile ad un labirinto nel quale è facile trovarsi disorientati, dove alto il rischio di girare a vuoto nonostante gli sforzi e, se non ci si perde, fa diventare più contorto e più lungo il perseguimento di qualsiasi obiettivo importante. I dati evidenziano come oltre la metà degli intervistati sia convinta che oggi in Italia le opportunità lavorative per un giovane con la propria formazione siano scarse. Per un rispondente su tre sono limitate. Molto bassa è la percentuale di chi invece le considera adeguate. Se l’impressione di scarsa valorizzazione è trasversale, purtuttavia le differenze sociali risultano marcate. La percezione di trovarsi in un contesto di opportunità scarse è di venti punti percentuali più bassa tra chi ha almeno un genitore laureato rispetto a chi ha sia madre che padre che hanno completato solo la scuola dell’obbligo.Una delle attenzioni particolari del "Rapporto giovani 2014" è quella di far emergere l’eterogeneità di esperienze e situazioni. Se infatti è vero che si è giovani oggi, in modo diverso dal passato, esistono però anche spiccate differenze interne alle nuove generazioni. Anzi, più aumentano rischi e problematicità generazionali, più le diseguaglianze tra coetanei tendono a crescere. Come conseguenza è un universo giovanile che si va sempre più polarizzando. Da una parte ci sono coloro che di fronte a un mercato del lavoro bloccato, a meccanismi di ricambio generazionale inceppati, a una società immobile, reagiscono formandosi ancor meglio, sfruttando le opportunità della rete, producendo innovazione tecnologica e sociale. Al lato opposto ci sono quelli che si sono arresi e scivolano progressivamente verso i margini. Quelli che oltre alla fiducia nelle istituzioni e nella società stanno perdendo la fiducia in se stessi e nel proprio futuro. La linea di demarcazione tra chi sta dentro o fuori a questo gruppo è data soprattutto dal grado di sostegno, prima di tutto umano ed emotivo, fornito dal cerchio magico dei rapporti familiari e amicali più stretti. Quando anche questo viene a mancare la caduta rischia di essere senza rete e produrre enormi e duraturi costi sociali.
Le analisi proposte nei vari capitoli confermano, nel complesso, come siano parziali e semplicistiche le interpretazioni che cercano di spiegare solo attraverso i fattori economici o, in contrapposizione, solo tramite motivi culturali, le difficoltà delle nuove generazioni nel realizzare i propri obiettivi di vita e nel diventare attori nella produzione di nuovo benessere economico e sociale. Confermano, inoltre, quanto sia importante assumere lo sguardo dei giovani stessi e cercare di vedere la realtà in trasformazione con i loro occhi per capire le sfide che si trovano davanti e per dotarli di strumenti efficaci per vincerle offrendo il meglio di sé. Tutto questo nella convinzione che nessun altro può vincerle per loro e nessun giovane può farcela se abbandonato a se stesso.
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