venerdì 31 gennaio 2014
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«È scandaloso e mortificante quanto avvenuto ieri in Parlamento, ma l'Italia non è tutta così». Le parole di monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della Cei, si sono aggiunte – pochi giorni dopo – a quanto aveva affermato il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, nella prolusione di lunedì («Il Paese non è una palude», ma anzi «una foresta che cresce silenziosamente»). Esse danno perciò dell'italica realtà una rappresentazione diversa da quella cui rischiamo di assuefarci guardando solo giornali, Internet e tivù. Sbaglierebbe, però, chi liquidasse queste notazioni come una visione del bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto. Quello che emerge dal Consiglio permanente di questa settimana è, al contrario, una questione di sostanza e anche di metodo. Di sostanza, innanzitutto. Così come sono sostanziali le questioni poste all'attenzione di tutti: lavoro, famiglia, scuola. C'è un Paese reale, oltre tutto larghissimamente maggioritario, che si impegna ogni giorno per sostenere queste che sono le travi portanti della società. E reclama a gran voce le innovazioni che permetterebbero di cambiare passo e mettere finalmente alle spalle la crisi. E c'è invece il Paese che ogni giorno finisce sotto i riflettori dei media, il quale dà di sé tutt'altra rappresentazione. I vescovi italiani conoscono bene il Paese reale perché vivono al fianco della gente tutti i giorni. Ecco perché quando dicono che l'Italia non si può ridurre ai tafferugli di Montecitorio c'è da credergli. Ma ancor di più c'è da prestar loro attenzione quando indicano a tutti – e al mondo litigioso e spesso includente della politica in primis – la via d'uscita dalla palude (questa sì) di un certo modo di stare in Parlamento e negli altri consessi pubblici. È la riscoperta del «noi» da mettere al posto dell'«ipertrofia dell'io», come dice Bagnasco. È in altri termini quella che Papa Francesco chiama «cultura dell'incontro». Che non serve a mettere fuori corso solo la cattiva moneta della «mentalità dello scarto». Serve anche a costruire occasioni di lavoro, una scuola che educhi, famiglie più stabili e dunque una società diversa e migliore. Noi al posto dell'io. Incontro e dialogo al posto delle zuffe. Foresta che cresce al posto della palude. L'indicazione di metodo è consequenziale. Non si può continuare a enfatizzare gli aspetti negativi a scapito di quelli infinitamente maggiori di segno positivo. Monsignor Galantino l'ha detto chiaro, ieri. E vale per tutti. Ma in primo luogo per gli operatori dei media. Perché se continueremo a ingenerare l'impressione che una parte, oltre tutto anche piccola, sia il tutto, ci presteremo consapevolmente o meno al gioco di chi non vuole il bene del Paese. Ed è un gioco – faceva notare Bagnasco – di sapore diabolico.
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