A Dio piacendo, anche questo giovedì Frans Hugo, 90 anni, salirà nel cuore della notte sulla sua Fiat Multipla arancione e andrà nel deserto sudafricano a consegnare i giornali. I “suoi giornali”. Ad accompagnarlo avrà un thermos col caffè, qualche uovo sodo e un asciugamano per riparare le gambe nude dal sole cocente.
Per età, passione e importanza di ciò che fa, Frans Hugo sembra l’emblema del buon vecchio giornalismo. Anche il fatto che porti notizie nel deserto rimanda alla mente il mestiere che facciamo, in bilico tra vecchio e nuovo, tra responsabilità e business sempre più faticoso, tra intelligenze artificiali che scrivono articoli in pochi secondi e lettori che sempre più spesso vanno di corsa e si accontentano (per fortuna, non tutti e non certo quelli di “Avvenire”) di notizie veloci e/o superficiali.
Frans Hugo è un giornalista. Un giornalista editore. La sua storia è stata raccontata da AFP e da Voice of America (VOA), la più grande emittente internazionale statunitense. Hugo ha lavorato per quasi 30 anni come giornalista a Cape Town e poi in Namibia prima di ritirarsi a Calvinia, un paesino di 2.850 anime, perché era stufo della vita frenetica. Mentre scrivo queste righe guardo fuori dalla finestra della redazione e vedo una fetta di Milano. Più calma della media della città, ma che farebbe impallidire per il caos il nostro Frans. Il distretto di Calvinia, dove abita lui, ha una densità abitativa di 22 persone per chilometro quadrato contro quasi 8 mila di Milano.
Un altro mondo. Un altro continente. Un’altra vita, per certi versi. Eppure, quando, qualche anno fa, l’editore di tre giornali locali è andato da lui, chiedendogli di rilevare la sua attività perché si sentiva vecchio e stanco, il già ultraottantenne Frans Hugo (che avrebbe voluto godersi solo la pensione) ha detto subito di sì. E da allora, ogni giovedì, parte di notte per portare lui stesso le 1.300 copie che stampa o nei piccoli negozi sparsi nel deserto che fanno anche da punti vendita per i suoi giornali o nelle case di alcuni collaboratori, i quali poi le venderanno.
Milletrecento copie sarebbero già poche per fare sopravvivere una testata. Ma la tiratura di Hugo vale come totale di ben tre testate storiche, da lui rilevate: The Messenger, Die Noordwester e Die Oewernuus. La prima è stata fondata nel 1875, le altre due nel 1900. Tutte e tre sono scritte quasi interamente in afrikaans, la lingua dei discendenti dei coloni olandesi. Milletrecento copie, viste da qui, sembrano un’inezia. Tanto più che vengono vendute a otto rand (circa 50 centesimi di dollaro Usa). Per un incasso settimanale di seicentocinquanta euro molti di noi non uscirebbero nemmeno di casa. Figurarsi fare centinaia di chilometri nel deserto dalle 1.30 del mattino a tarda sera per portare notizie soprattutto agli agricoltori che vivono in zone sperdute. Ci giustificheremmo dicendo: ormai c’è internet. Proprio come hanno fatto la figlia e il genero di Hugo, che lui aveva coinvolto nell’avventura ma che hanno lasciato perché era troppo faticosa. Oggi al suo fianco ci sono la moglie e tre collaboratori. Quando gli chiedono come vede il futuro del giornalismo di carta, Hugo risponde: « Non ho idea di cosa accadrà, ma non sono preoccupato. Quello che so è che, fino a quando avrò la forza, porterò le notizie nel deserto a persone che altrimenti saprebbero molto poco della loro comunità». In fondo, una delle cose più nobili del giornalismo è proprio questa: curarsi a ogni costo della comunità dei lettori. Sapendo che la rete Internet è potentissima, sapendo che i giornali di carta un giorno potrebbero anche sparire, ma combattendo lo stesso con tenacia e passione una disarmata ma motivatissima battaglia. Anche a 90 anni. Anche nel deserto.