domenica 17 ottobre 2010
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«Non è un sentimento di vaga compassione o di superficiale intenerimento per i mali di tante persone vicine o lontane. Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune: ossia per il bene di tutti e di ciascuno perché tutti siano responsabili di tutti». E’ un passaggio notissimo della Sollicitudo rei socialis, breve, semplice ed efficace. Qui a Reggio Calabria sta riecheggiando tanto nei pensieri lunghi dei relatori, quanto nelle testimonianze, nelle storie e nelle attese che i delegati hanno portato alla 46ma Settimana Sociale dei cattolici italiani. L’antropologia cristiana, la carità cristiana, genera solidarietà. Ne fa una delle basi essenziali della Dottrina sociale della Chiesa. E, nella nostra Italia, anche la Carta costituzionale la propone come un dovere «inderogabile», che spetta a tutti cittadini. Eppure poche parole come questa sono consumate, e a volte abusate (tanto da far dimenticare a molti le sue radici e le sue ragioni).Il bene comune per realizzarsi in pienezza ha bisogno della solidarietà, perché non sopporta che anche solo una persona o una singola  famiglia ne siano escluse, pena il suo deperimento. Ed è questo un primo passaggio su cui è bene riflettere: la solidarietà non è un valore residuale, una sorta di benevolenza pelosa per mettere a posto le nostre coscienze. E’ necessaria per far crescere la speranza e rafforzare la dimensione di fraternità nella città dell’uomo. Ma Papa Benedetto, nella Caritas in veritate, aggiunge un passaggio ulteriore, inedito e sconvolgente per molti. Ci dice che la solidarietà non è un valore del dopo–economia, del dopo–mercato, del dopo–profitto: è un valore che invece attraversa tutto il processo economico, lo feconda, lo fa più efficace e più duraturo nel tempo. E’ una sfida culturale che va assunta, nella sua ragionevolezza, nella sua praticità concreta. Non sono affatto pochi gli imprenditori che, talvolta inconsapevolmente, praticano questa verità nella conduzione delle proprie aziende investendo nella fiducia, nell’attenzione alle persone, nel dare il giusto salario, nei talenti presenti in azienda e in una flessibilità che riesca a coniugare le esigenze delle persone con quelle della produzione.Ma non basta. La solidarietà che si fa bene comune costruisce più comunità, più coesione sociale e si fa attenta a coloro che sono affaticati, ai fragili, agli ultimi. Se non si presidia questa frontiera la costruzione di una città più giusta e fraterna si fa difficile tanto da  rendere vano ogni altro sforzo. I dati di molte ricerche aiutano tutti a capire che un territorio impoverito di reti solidali che sostengono e accompagnano la vita delle persone in difficoltà, ha ben poche possibilità di sviluppo umano ed economico. Per questo è urgente una politica attenta alla famiglia e alla costruzione di un welfare finalmente comunitario in cui lo spazio della responsabilità pubblica si allarga e si arricchisce di una molteplicità di soggetti chiamati, accanto alle amministrazioni, alla gestione del bene comune. E infine, è bene ricordarlo, la solidarietà ha bisogno vitalmente della sussidiarietà affinché essa non degeneri in assistenzialismo, in una forma ambigua di dipendenza, di sottrazione di libertà e di autonomia a coloro che si aiutano. La solidarietà che amiamo è la solidarietà che costruisce autonomia e cittadinanza attiva. Non è un contenuto teorico, è una pratica vissuta sui territori da quella costellazione di opere, di esperienze di vita che le nostre realtà ecclesiali costruiscono giorno dopo giorno. Opere – e da coordinatore del Comitato scientifico della Settimana Sociale di Reggio Calabria mi è toccato di conoscerle a fondo in questi due anni di preparazione dell’evento – che sono un’incredibile dorsale strategica per l’Italia: qualche volta invisibile, altre riottosa a mostrarsi e farsi raccontare. Ma queste forze non possono e non devono più restare nascoste: hanno una capacità di “fare bene” che impressiona. Questo Paese ne ha bisogno per tornare a crescere come comunità di amici. E per “fare bene” anche la politica.
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