venerdì 8 ottobre 2010
COMMENTA E CONDIVIDI
L’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del decreto attuativo del federalismo fiscale – che dovrà ora essere esaminato dalla Conferenza degli enti locali e dal Parlamento, che esprimeranno un parere prima della promulgazione definitiva – permette di passare da una confronto astratto sui princìpi a un esame di merito delle proposte concrete. In primo luogo è evidente la volontà di agire con gradualità, in modo da consentire un passaggio non traumatico dal sistema centralizzato attuale a quello nel quale saranno più responsabilizzati nelle scelte gli enti locali e regionali. Il secondo aspetto rilevante consiste nella delega alle Regioni, che si completerà tra cinque anni, della possibilità di determinare l’equilibrio più conveniente in quel territorio tra prelievo sui redditi delle persone e prelievo sui redditi di impresa.Giulio Tremonti non ha dubbi sul fatto che questa impostazione garantisca due obiettivi fondamentali, una maggiore coesione nazionale e l’invarianza del prelievo complessivo. Due norme dovrebbero servire soprattutto a garantire il perseguimento di questi obiettivi, l’istituzione di un fondo di solidarietà interregionale per contrastare gli squilibri e l’esclusione delle due prime fasce di reddito, quelle che riguardano i redditi medio-bassi, dalla possibilità di aumento delle aliquote dell’imposta sul reddito personale. Naturalmente, per valutare come cambierà complessivamente il sistema fiscale italiano, bisognerà attendere l’altra riforma annunciata, quella del sistema impositivo, per la quale sarà presentata la legge delega appena completato, secondo i piani entro marzo, l’iter del provvedimento federalista. È in quella sede che si vedrà, tra l’altro, se l’impegno nei confronti della famiglia è destinato a trovare concreta attuazione.Il punto chiave, dal quale si comprenderà se il meccanismo federalista migliorerà le condizioni dei cittadini, sarà la capacità o meno degli amministratori locali e regionali, investiti di maggiori responsabilità e sottoposti a un controllo più ravvicinato dei cittadini, di selezionare la spesa, superando fenomeni di clientelismo diffuso e combattendo efficacemente gli sprechi, evidenti soprattutto nei settori della sanità e del trasporto pubblico. Il fatto che alcune scelte fondamentali, a cominciare dalla definizione dei costi standard per le prestazioni sanitarie, siano affidate al concerto tra le Regioni dovrebbe sottolineare la volontà di conferire al processo federalista una finalità unitaria.Le intenzioni espresse, dunque, sono apprezzabili, lo spazio di tempo messo a disposizione per l’attuazione dei cambiamenti sembra eludere uno spirito "giacobino", ma va da sé che, per valutare gli effetti concreti di una trasformazione così rilevante, bisognerà attendere la prova dei fatti. Le differenze di reddito, di qualità delle prestazioni e dei servizi sociali, di qualità della convivenza civile tra le diverse aree del Paese sono evidenti e stridenti, e durano praticamente da 150 anni. Aspettarsi che il federalismo le annulli sarebbe illusorio, ma vigilare e agire per evitare che le cristallizzi o addirittura le accresca è una responsabilità alla quale nessuno, e in primo luogo chi governa, può sottrarsi.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: