sabato 15 aprile 2017
«Non lo sapevo... ma oggi non c’è da meravigliarsi di niente ... Tutto potrebbe essere vero ma come dice lei anche falso», scrive L. su Facebook. È una delle migliaia di persone che hanno ...
Gli attacchi a Boldrini e strategie da ripensare
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«Non lo sapevo... ma oggi non c’è da meravigliarsi di niente ... Tutto potrebbe essere vero ma come dice lei anche falso», scrive L. su Facebook. È una delle migliaia di persone che hanno commentato sui social la notizia (falsa) della sorella (deceduta) del presidente della Camera, «baby pensionata da 10.000 euro al mese, a soli 35 anni». E l’ha fatto usando parole irripetibili. Quando Marianna D. l’ha informata che la notizia era una bufala e che la sorella di Laura Boldrini è deceduta anni fa, L. si è difesa dicendo «che oggi tutto può essere vero ma anche falso».

L. non è una ragazza. Ma – stando al suo profilo social – una signora di 60 anni che ama cucinare torte, vedere i film di Al Pacino e programmi come MasterChef. Insomma, L. è per molti aspetti una donna normalissima. Non così diversa, in fondo, dagli oltre 7mila che hanno condiviso quella notizia falsa e alle altre migliaia che l’hanno commentata. Tutti maggiorenni. Tutti pieni di odio. E tutti pronti a difendersi: non è colpa mia, oggi vale tutto. È questo che rende così difficile vincere la battaglia contro le cosiddette «fake news»: tutti si autogiustificano. Persino chi costruisce notizie false, più a biechi fini commerciali che non 'politici', in fondo alle pagine incriminate scrive (in piccolo): «Questo è un sito satirico».

Come a dire: la colpa è vostra se non capite che sono notizie false. Già la colpa è sempre degli altri. Per i politici della gente, per la gente dei politici, per gli adulti dei giovani, per i giovani degli anziani, per i colti degli ignoranti, e così via. La colpa è anche di chi pensa che un problema così grave sia circoscritto al solo mondo digitale o (ancor peggio) ai soli giovani. È impopolare dirlo: ma per combattere la violenza sui social, non basta un algoritmo, una diavoleria tecnologica, fare lezioni a scuola o punire Facebook. Ci vuole tutto questo, ma anche molto, molto di più. Perché la violenza verbale il pubblico non l’ha imparata sui social, ma dai talk show tv, dove fior fior di politici e di professionisti hanno via via alzato i toni delle discussioni, arrivando persino a insultarsi senza mezzi termini. Non è vero che esiste un mondo 'analogico' controllabile e uno 'digitale' fuori controllo, ed è profondamente sbagliato credere che il problema sia circoscritto ai giovani (quando invece su Facebook i violenti sono soprattutto gli adulti, certi nonni compresi) o alle persone meno istruite.

I dispensatori di falsità e i commentatori carichi di odio sono purtroppo equamente divisi tra le età e il livello di scolarizzazione. Il problema è di tutti noi. Verrebbe voglia di scrivere: siamo tutti noi. Dobbiamo farcene davvero carico o rischiamo di trasformare la lotta alle «bufale» in una «bufala».

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