giovedì 1 marzo 2012
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Tralicci, carabinieri insultati, magi­strati minacciati, giornalisti aggredi­ti. Un film già visto. E nella serata di ieri anche alcuni feriti tra le Forze dell’ordi­ne. Un gran brutto film. Fatto di violenza e di intolleranza. Ma anche di vigliacche­ria e falsità. In un crescendo che ormai non è più solo preoccupante. In Val Susa e oltre. Una «violenza collettiva, preven­tivamente e strategicamente pianificata», ha scritto il Tribunale del riesame di To­rino confermando la carcerazione degli antagonisti coinvolti nell’inchiesta sugli scontri della scorsa estate, quella che ha scatenato i durissimi attacchi contro il procuratore Caselli. Ma quanto sta acca­dendo in queste ore appare ancora più preoccupante. Un salto di qualità. «Cose che sembrano ritornare. Che ap­partenevano a un passato doloroso. Do­vremmo essere vaccinati e invece...», ri­fletteva ieri il procuratore aggiunto di Ro­ma, Nello Rossi, magistrato con una lun­ga esperienza nelle inchieste sull’ever­sione e il terrorismo. E invece... ecco il déjà-vu. Già, come non pensare a quel passato doloroso scorrendo le immagini del giovane che insulta un carabiniere («Se una pecorella...»), lo provoca («Sei venuto per sparare, vuoi sparare?»), lo ri­provoca («Per quello che guadagni, non ne vale la pena»). È evidente che cerca u­na reazione, cerca il 'caso', magari qual­che amico è pronto a filmarlo. E invece no. Il militare non fa una piega. Gli occhi ben fissi dietro la visiera del casco. Bravo e pre­parato. È giusto riconoscerlo, anche per­ché non sempre è così. Brutte-belle im­magini riprese da una troupe di H24-Cor­riere Tv. Ma questo è giornalismo, serio giornalismo, fatto sui fatti, non militan­za. E proprio per questo non piace ai vio­lenti. Oggi come in quel passato doloro­so. Che ricordiamo bene. Così, ieri, quando la troupe torna nella zona scatta l’aggressione. Volti coperti, pugni, testate e col­telli. Telecamere danneggiate e cellulari rubati. Poi le incredi­bili versioni: «Sono stati scam­biati per agenti». Siamo alle so­lite. Violenze vere giustificate da provocazioni presunte. Co­me chi ha dato alla polizia la re­sponsabilità della caduta dal traliccio di Luca Abbà. Ma sta­volta, evidentemente, è intolleran­za verso informa, facendo il proprio me­stiere. Altri cronisti, infatti, hanno subìto trattamenti analoghi. Alla faccia della tan­to sbandierata difesa della libertà di infor­mazione. Oggi come allora. Giornalisti da colpire, da zittire, da intimidire. Non faremo i nomi dei tanti finiti nel mi­rino degli anni di piombo, noti e meno noti al grande pubblico, ma solo per spe­rare che ci si possa e voglia fermare qui. C’è ancora il tempo per tirare una linea di confine nettissima tra l’opposizione de­mocratica di una parte della Val Susa al­la Tav e i basisti e i pendolari della vio­lenza. Quegli 'irriducibili', come si auto­definiscono, che respingono qualunque soluzione di mediazione. Violenti a pre­scindere. Gente da oltre confine, appun­to. A parole e a fatti. Gente che non si ac­contenta di definire «teorema giudizia­rio » l’inchiesta torinese ma impedisce di fatto al procuratore Caselli di poter par­lare. Gente che non si accontenta, lo ha fatto anche ieri, di definire i giornalisti «ie­ne e sciacalli» ma li aggredisce (nulla lo giustifica, neanche i titoli altrettanto vio­lenti di qualche quotidiano...). È la logica della provocazione. Parole per avere violenza. Davvero l’essenziale con­fine tra civile protesta e incivile contrap­posizione si è fatto troppo labile. Serve non uno soltanto, ma una serie di passi indietro. Serve un netto e inequivocabile isolamento dei gruppi intolleranti. Serve serrato dialogo e non spinto antagoni­smo. Servono convinto spirito democra­tico e semplice rispetto. Altrimenti il pas­sato «sconfitto e risolto» sul quale, qui ab­biamo già ragionato, diventerà – e forse lo è già diventato – un nuovo presente di pericolo e di dolore. Per tutti: per chi la violenza la subisce e per chi la pratica.
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