venerdì 17 giugno 2011
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È tempo d’esami per moltissimi ragazzi e le loro famiglie. Terza media o maturità, c’è sempre una certa inquietudine che sorge con l’approssimasi della data fatidica. È allora opportuno inquadrare bene la questione, per poter aiutare i più giovani ad affrontare la prova nella giusta prospettiva, senza eccessi di preoccupazione o ingenue leggerezze. L’esame è innanzitutto un giudizio, sulla prova svolta, ma anche (si spera) sull’intero percorso degli anni precedenti. Rappresenta quindi una grande occasione per ristabilire o rafforzare due nessi che talora si fanno labili nel pensiero dei ragazzi, e a volte degli adulti stessi: il nesso atto-conseguenza e il nesso lavoro-risultato. Il risultato dell’esame in fondo non è altro che una sanzione sul lavoro svolto, una sanzione che sarà premiale quando la promozione e il bel voto sigleranno l’impegno profuso e penale quando la bocciatura costringerà a ripetere l’anno riprendendo di nuovo in mano le materie insufficienti. Certo, perché ciò accada c’è bisogno di insegnanti e commissari che siano consapevoli del valore dell’esame e del loro stesso ruolo: i due estremi cui a volte si assiste impotenti, il sadismo e il pietismo, non dovrebbero avere cittadinanza nelle aule d’esame. Entrambi sono dannosi alla scuola e agli allievi, il primo perché con la sua violenza - a volte anche dai tratti mielosi - umilia e ferisce lasciandosi dietro solo macerie, il secondo perché annacquando il giudizio inibisce l’esperienza della correzione, finanche l’accesso alla sua stessa pensabilità. Nel momento in cui poi vedremo gli esiti sui tabelloni, come genitori, conviene pensare bene alle nostre mosse. Per molti è costume fare un regalo quando i ragazzi passano gli esami, e va bene come pratica per celebrare insieme un successo. Si trovi però anche modo di ricordare allo studente come la promozione sia già premio in sé; è nel riconoscimento del merito ottenuto e nel guadagno di conoscenze che arriva dal lavoro svolto che si annida infatti la soddisfazione, senza bisogno che necessariamente intervenga qualcosa da fuori a giustificarla. Aiutiamolo a godersi il momento, con il giusto orgoglio di chi ha lavorato, insieme ad altri, per portare a casa un successo. Nel caso in cui invece l’esito sia negativo, non facciamo l’errore di pensare che il ragazzo abbia buttato via un anno e soprattutto non insinuiamogli quest’idea; sta anche a noi valorizzare l’esperienza che comunque è stata fatta e favorirne il giudizio. È sempre un grande passo del soggetto quando di fronte a un risultato insoddisfacente si accorge di averci messo del suo nell’andar male. Anzi è forse l’unica condizione perché poi si ponga il pensiero che, allo stesso modo, potrà metterci del proprio per andare bene. Non si deve ricercare una colpa da condannare, piuttosto l’imputabilità che è sempre sottesa agli atti e alle loro conseguenze e che rende il soggetto protagonista delle proprie imprese. In questo modo diventerà davvero possibile il rilancio, inteso non come un ingenuo quanto immotivato ottimismo nel futuro quanto come la certezza che in ogni momento è possibile una ripresa purché il soggetto ne ponga attivamente le premesse. Gli esami sono in corso: sosteniamo i ragazzi in questo momento di prova incoraggiandoli e alleggerendoli, ma aiutiamoli ancor di più a stare di fronte ai risultati che arriveranno. Senza paure o titubanze. In ogni caso c’è un guadagno che li attende, di esperienza e consapevolezza.
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