Ergastolo ostativo da cancellare
venerdì 16 aprile 2021

Le parole hanno sempre un peso, se poi trovano posto in una decisione della Corte costituzionale sono in grado di lasciare il segno: il «fine pena mai» non è compatibile con gli articoli 3 e 27 della Costituzione italiana, oltre che con l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Non garantisce, infatti, l’uguaglianza di tutti davanti alla legge, né tanto meno è in grado di realizzare la finalità rieducativa della pena. Si parla qui dell’ergastolo cosiddetto ostativo, ovvero dell’impedimento previsto dall’articolo 4bis dell’Ordinamento penitenziario alla concessione dei benefici (possibili per gli altri ergastolani) ai condannati per reati molto gravi, quali quelli di matrice mafiosa e terroristica, che non abbiano «utilmente collaborato» con la giustizia.

Ebbene, dopo averlo sostenuto su questo giornale – in sparuta compagnia di altre voci – adesso possiamo affermare con il conforto dei giudici costituzionali che quella norma viola la Carta. I quali giudici avevano cominciato a trattare la spinosa e indubbiamente delicata materia prima di Pasqua, ma l’hanno poi lasciata decantare fino a ieri, quando hanno scelto di adottare uno schema ormai piuttosto consolidato nella giurisprudenza della Consulta: non una sentenza d’illegittimità, bensì una sorta di 'avviso' al Parlamento, che avrà poco più di un anno per provvedere con una legge a ripristinare la legalità infranta dalla «pena di morte nascosta», come l’ha chiamata papa Francesco.

In caso di inerzia del legislatore, sarà la Corte a decidere. È bene perciò che le Camere comincino a lavorare al più presto, anche perché la questione non è nuova e non è inattesa. C’erano state avvisaglie precise due anni fa, con una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e con un pronunciamento della stessa Consulta sulla concessione dei permessi premio agli ergastolani ostativi. Mentre nella trattazione di quest’ultima questione di legittimità (sollevata dalla Cassazione), anche l’Avvocatura dello Stato – che rappresenta in giudizio il Governo – aveva aperto uno spiraglio, ipotizzando che la decisione sui benefici possa essere lasciata alla discrezionalità del magistrato di sorveglianza, in base all’esame dei singoli casi. Nessun automatismo, insomma.

Perché dietro ogni condanna, dietro ogni numero di matricola, anche dietro quella terribile scritta, «Fine pena: mai», c’è una diversa storia umana. Sicuramente c’è chi non ha collaborato perché non è cambiato e si considera ancora 'uomo d’onore', dell’onore più malinteso che possa esserci.

Ma c’è pure chi non ha parlato perché è stato arrestato a 20 anni e sapeva ben poco dei segreti della cosca che lo aveva arruolato. C’è chi potrebbe riferire soltanto cose risapute, di gente già in cella o al cimitero. E c’è chi ha una famiglia, fuori, che potrebbe subire conseguenze letali. Eppure stare 'dentro' può cambiarti dentro, molti ergastolani (ostativi e no) non sono più le stesse persone che entrarono in carcere tanti anni fa. Le prigioni sono un grande spaccato di umanità, hanno tante storie da raccontare. Storie di conversioni religiose, di lauree, di amicizie, di perdono, perfino di matrimoni.

Una norma che metta riparo all’evidente contraddizione costituzionale rappresentata dall’ergastolo ostativo sarebbe, perciò, già tardiva. Ma il percorso sarà duro e accidentato, almeno a giudicare dalle reazioni registrate ieri dopo il comunicato dell’Alta Corte: da una parte accuse ai giudici di non aver avuto abbastanza coraggio; dall’altra proteste per l’«ormai finita lotta alle mafie». Entrambe le fazioni sono fuori strada. È comprensibile, infatti, lo scrupolo della Consulta di non inserirsi «in modo inadeguato nell’attuale sistema di contrasto alla criminalità organizzata». Mentre non si riesce a capire come il ripristino della legalità costituzionale possa sancire la vittoria della peggiore illegalità. Deve esserci il modo per tornare a onorare lo Stato di diritto senza abbassare la guardia nella battaglia contro l’anti-Stato. Basta trovarlo, basta volerlo. C’è tempo fino a maggio del prossimo anno.

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