sabato 28 agosto 2010
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Aveva solo 32 anni, Pasquale Testa, pescatore subacqueo napoletano, e tantissima voglia di vivere. Il mare, coi suoi fondali, lo aveva da sempre affascinato ed egli vi si immergeva spesso per pescare e contemplarne le bellezze. Anche martedì scorso aveva ceduto al richiamo delle sue sirene. Gianluca Pelliccio, invece, di anni ne ha 43. Col suo gommone, che guidava ad alta velocità e a meno di 300 metri dalla costa, ha travolto e ucciso il giovane pescatore subacqueo. Non è un tossicodipendente, il pilota, ma nel sangue gli sarà riscontrata ugualmente una piccola presenza di cocaina. I due non si conoscevano, eppure i loro destini erano incredibilmente intrecciati.Gianluca oggi si dispera e chiede perdono ai parenti della vittima: non voleva uccidere quel giovane. Non facciamo difficoltà a credere che quest’uomo straziato dal rimorso stia dicendo il vero, ma non possiamo affermare che si sia trattato di una tragedia inevitabile dove il destino, impazzito, colpisce alla cieca. No, la tragedia nel mare di Posillipo, come tante altre, merita attenzione e non deve essere archiviata come un banale incidente estivo. Gli uomini debbono imparare che c’è un equilibrio nel mondo che non può essere bistrattato. Equilibrio tra il mio diritto e il tuo; tra pubblico e privato; tra l’uomo e il Creato."Ad ognuno il suo", è il motto da prendere seriamente in considerazione per vivere l’avventura della vita senza procurare danni agli altri. Il gommone è proprietà privata. Non tutti se lo possono permettere e qualcuno magari lo guarda con un pizzico di invidia. Il mare, no, è di tutti e occorre volergli bene, sapendo interpretare la sua gioia e i suoi lamenti. La stessa vita non è patrimonio solo personale. Nessuno è padrone di se stesso, ma solo amministratore con l’obbligo di trattarsi bene. Ciò che pretendo per me, se non è legittimamente mio, lo sto rubando a un altro.«Le colpe – scriveva George Bernanos – avvelenano l’aria». Anche quelle più nascoste e che nessuno vede. Il mio egoismo, la mia superbia, il mio modo insulso di intendere la vita pesano e fanno male a chi mi sta intorno e anche a chi mi sta lontano, nel tempo e nello spazio. Viceversa, il profumo del santo dottor Moscati e del beato Bartolo Longo, ancora inebria le vie delle città di Napoli e Pompei. E non solo. Il bene e il male realizzato in questa vita non moriranno con noi e influenzeranno positivamente o negativamente gente che non conosciamo e magari ancora non è nata. Proprio come succede per le mine antiuomo che, occultate incoscientemente per il mondo, daranno la morte a bambini non concepiti ancora. La regola d’oro vale anche per chi non crede: «Non fare agli altri, ciò che non vorresti fosse fatto a te» e «Fa all’altro ciò che vorresti fosse fatto a te».Alla tavola della vita c’è posto per tutti. Mangia con gioia ciò che è tuo e tieni presente coloro che giungeranno dopo. Qualche giorno fa un sacerdote è stato ucciso in Puglia mentre dormiva sotto le stelle, scambiato per un cinghiale da un bracconiere. Quel cacciatore, egoista e furbo, voleva aggirare la legge e ha ucciso un suo fratello. Non era nelle sue intenzioni e noi non facciamo difficoltà a crederlo, ma ugualmente un uomo, un prete, innamorato della vita, è morto. In questo mondo c’è chi – come J.P.Sartre – è convinto che «l’inferno sono gli altri» e chi, invece, non cessa di proclamare che gli altri sono il cielo di cui non si può assolutamente fare a meno. O, almeno, potrebbero diventare cielo qualora si convincessero che ogni proprio eccesso o inosservanza delle regole del vivere civile, scippa qualcosa a chi ne ha il diritto. A volte si tratta di piccole o grandi cose; altre volte, come in questi casi, il danno è incalcolabile: si tratta del dono stupendo e immenso della stessa vita.
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