Educazione civica: una firma da dare e una «profezia» da prendere sul serio
giovedì 8 novembre 2018

Caro direttore,
sabato 27 ottobre, leggendo la rubrica di Francesco Delzio intitolata «L’educazione civica a scuola? Un “virus positivo”», mi è venuto in mente – “Avvenire” lo ha sottolineato anche di recente – che fu Aldo Moro a volerla nel 1958. Il grande statista sembra aver compreso sino in fondo che cosa stava producendo la retorica (anche sessantottina) dei “diritti”. Diritti soltanto... L’ho pensato da anni, e ora ne ho la conferma. L’«Educazione alla cittadinanza» prima; l’«Educazione all’affettività e alla sessualità» poi, hanno confermato che solo l’«Educazione civica» – come quella voluta da Moro – può veramente aiutare i giovani a dare senso ai “diritti” e ai “doveri”. Capito questo, gli studenti – partendo dai più piccoli – saranno ottimi cittadini e figli. So che è una antica battaglia del giornale che dirige, e spero davvero che l’«Educazione civica» riprenda piede nella scuola grazie a una scelta della politica nostrana. Lo spero per il bene della famiglia e dello Stato.

Gianfranco Antinori Roma

Prima di tutto, caro signor Antinori, le rispondo con un invito che si aggiunge a quello dell’Anci e del più tenace paladino del ritorno all’Educazione civica, il pedagogista Luciano Corradini: andiamo a firmare nei nostri Comuni la proposta di legge di iniziativa popolare per reintrodurre questa materia in tutte le scuole della Repubblica. La raccolta di firme è cominciata il 20 luglio 2018 e per fare la propria parte c’è tempo sino al 5 gennaio 2019. Poi visto che lei, giustamente, ricorda che, sessant’anni fa, fu Aldo Moro a volere e a introdurre questo insegnamento, le rammento a mia volta una delle frasi più profonde dello statista democratico cristiano, quella che forse amo di più e che la sera di lunedì 29 ottobre – durante il “processo” storico a Marco Pannella, al quale ho partecipato in qualità di “testimone” sul palco del Teatro Manzoni di Milano – ho scelto di scandire di nuovo, sottolineandone la forza profetica: «Questo Paese non si salverà, la stagione dei diritti e delle libertà si rivelerà effimera, se in Italia non nascerà un nuovo senso del dovere». Sono parole che pesano anche sulla storia di battaglie del leader radicale e certamente sulla coscienza di tanti. Moro le pronunciò nel marzo 1976, al XIII Congresso della Dc. E sembrano pensate e dette per il nostro oggi: esprimono come meglio non si potrebbe la relazione stretta tra diritti e doveri, e lasciano la porta aperta all’altro grande tema dell’impegno civile: la gratuità, intesa come personale dedizione e altrettanto personale pulizia d’intenti. Una lucida constatazione che ancora troppi non prendono sul serio e con la quale, invece, dovremmo continuare (o deciderci) a fare i conti. Più che mai in questa fase storica, nell’iroso, narcisista e incattivito tempo italiano che stiamo affrontando e al quale non possiamo rassegnarci.

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