domenica 17 ottobre 2010
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La vicenda di Claudio Moffa e della sua inaccettabile propaganda negazionista all’Università di Teramo ha suscitato una generale indignazione e ha spinto il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici, a proporre alle forze politiche l’introduzione anche in Italia, come in molti altri Paesi d’Europa, del reato penale di negazionismo. La proposta, fatta alla vigilia del sessantasettesimo anniversario della razzia nazista a Roma, in cui sono state deportati e assassinati oltre mille ebrei romani, ha raccolto il favore di tutte o quasi le forze politiche  e porterà quindi con ogni probabilità all’effettiva emanazione di una legge di questo tipo. Più dubbiose di quelle dei politici  sono state però le voci dei commentatori,  quali Dino Cofrancesco su Il secolo XIX, Adriano Prosperi su Repubblica, Ubaldo Casotto su Il Riformista, che hanno espresso preoccupazioni per la salvaguardia della libertà di opinione e dubbi sulla possibilità di tutelare con un divieto penale la verità storica.  Credo – si arrivi o non si arrivi a una legge – che queste critiche vadano prese in seria considerazione. Non perché il negazionismo possa essere considerato un’opzione storiografica, alla stregua delle diverse interpretazioni della rivoluzione industriale o dell’origine del nazismo. Il negazionismo non ha nulla dell’interpretazione storica, è una bugia, che si ammanta della dignità storica per negare i fatti e distruggere il valore delle testimonianze e delle prove storiche. I negazionisti, ben diversi in questo dai revisionisti, affermano che le infinite prove che abbiamo della realtà della Shoah non valgono perché sono di parte, cioè provengono o dagli ebrei (nulla di strano in questo, visto che erano loro ad essere deportati e a testimoniare, se sopravvissuti) o dai vincitori della guerra. Non restano molte altre possibilità  di produrre prove, tanto più che i negazionisti tendono a mettere in dubbio le stesse testimonianze dei nazisti come estorte, o rese per ottener benefici. In questo, i negazionisti proseguono direttamente l’opera di occultamento iniziata e non portata a termine, per mancanza di tempo, dagli stessi nazisti: sterminare gli ultimi sopravvissuti, radere al suolo le camere a gas, distruggere i resti dei cadaveri. Assassinare la memoria come i nazisti assassinavano gli esseri umani.Detto questo, non ho mai pensato neanche in passato che una legge volta a chiudere in galera David Irving o Claudio Moffa possa essere giusta o utile. E allora? Credo che a personaggi di tal fatta vada in primo luogo impedito di propagandare le loro idee attraverso i media e, soprattutto, l’insegnamento. Quale giornale lascerebbe spazio a chi sostiene che la Rivoluzione francese è avvenuta nel XII secolo? Consentireste l’insegnamento a chi insegna che due più due fa cinque o che l’Asia non esiste? Ma serve per questo una legge contro il negazionismo, che rischierebbe di attribuire a delle bugie lo statuto ben più nobile di opinioni storiografiche o filosofiche?  Bisogna impedire che quelle bugie  vengano instillate nella mente degli studenti da professori indegni della loro cattedra, ma non credo debbano essere combattute con una legge apposita, volta a punire i bugiardi con la galera.  Gli esiti potrebbero essere peggiori del male. Si rischierebbe di farne dei martiri della libertà di pensiero, il che sarebbe davvero un risultato paradossale. Senza contare che potremmo, pensando di aver risolto il problema con una legge,  rinunciare a esercitare il nostro mestiere, che in tutte le sue forme è quello di trasmettere, di educare e di insegnare.
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