martedì 28 settembre 2010
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Nella prolusione del cardinale Angelo Bagnasco al Consiglio permanente della Conferenza episcopale italiana almeno tre nuclei di discorso appaiono particolarmente significativi. Per primo il tema, caro al presidente della Cei, della Chiesa italiana come «Chiesa di popolo». La prolusione si apre con un riferimento alla parrocchia «quale luogo di generazione e di esperienza della fede», realtà e simbolo di una Chiesa che «abita presso» la sua gente, con il suo annuncio quotidiano, il suo lavoro di incarnazione, il suo patrimonio educativo, le sue parrocchie «simili a cantieri che non chiudono mai». In questo contesto ecclesiale, le «vicende umilianti e dolorose» per il corpo ecclesiale hanno evidenziato «la grazia che Pietro è per la Chiesa», presente nella mitezza, nell’energia spirituale e nella chiarezza intellettuale di Benedetto XVI, che trae dalla sofferenza del momento l’insegnamento per tutta la Chiesa a reimparare la conversione come l’essenziale e il principio del «vero rinnovamento», nella consapevolezza che il danno maggiore viene da ciò che intacca la fede e la vita della stessa comunità cristiana.L’evangelizzazione è il secondo tema rilevante, che emerge nel ricordo del viaggio papale nel Regno Unito e in riferimento alla recente istituzione del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione. È significativo che il cardinal Bagnasco inviti la Chiesa italiana a riflettere su queste iniziative del Papa, che hanno in comune la questione dell’eredità cristiana in Europa e la nuova evangelizzazione di tutti i Paesi di antica tradizione cristiana. Potrebbe essere un modo nuovo di ripensare la questione delle «radici cristiane» dell’Europa volgendo l’attenzione non solo al passato, ma anzitutto all’attualità di «un’anima cristiana», come ha detto il Papa, presente nel «genio» dei rispettivi popoli. Con la consapevolezza perciò di non rivolgersi a una cultura occidentale secolarizzata irrimediabilmente estranea, bensì a un Occidente che avverte il problema delle «ragioni» della sua «civiltà», in cui, come commenta acutamente il presidente della Cei, «la "partita" su Dio resta […] del tutto aperta», perché «è la "questione di Dio" il problema dell’Occidente», come ci sembra visibile sia a livello dell’alta cultura sia a livello del senso comune, nelle tante forme dell’affermazione e della negazione, della ricerca e della nostalgia di Dio e, anche, del suo Cristo.A fronte del duplice ampio orizzonte dell’impegno ecclesiale locale e della nuova evangelizzazione, il terzo tema, ampio e articolato, riguarda l’angustia per «la nostra amata Italia». Dice, appunto, Bagnasco: «Nel nostro animo di sacerdoti, siamo angustiati per l’Italia». È la sensibilità del pastore che ha esperienza della vita della gente e coscienza alta delle istituzioni di un Paese, che esprime la sua preoccupazione «per l’Italia concreta, fatta di persone e comunità, ricca di risorse umane […], che però non riesce ad amarsi compiutamente, […] che non si porta a compimento, in particolare in ciò che è pubblico ed è comune». Segue un discorso da leggere e meditare sui comportamenti e le dinamiche di conflitto personale e di rinvio riformatore, ormai degenerativi per la vita sociale e politica. Tuttavia lo scopo non è la denuncia, ma la proposta di alcune certezze condivisibili. Anzitutto che «cambiare si può» e che «bisogna fare presto!». In secondo luogo che è possibile riscoprire, idealmente e operativamente, ciò di cui l’Italia come Paese «indivisibile» ha bisogno: «La bellezza del bene comune», che possa anche ispirare un nuovo «protagonismo costruttivo» per «credenti, ma anche non-credenti» nei vari ambiti del sociale e del politico, stabilmente riferito «ai valori primi e costitutivi della civiltà: vita, famiglia, libertà religiosa, libertà educativa». Tanto più in questa stagione che prelude alla svolta verso il «federalismo» e alle maggiori responsabilità che esso caricherà sulla classe dirigente nazionale e, soprattutto, locale.È una riflessione che si fa «agenda» delle realtà e degli impegni di una fede che ama inseparabilmente la Chiesa e il nostro Paese.
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