Cent'anni fa nasceva don Oreste Benzi, "folle di Dio" di rito romagnolo
Desiderava vivere in «un centro di accoglienze alla rinfusa, cioè un luogo dove c’è posto per tutti», dando una immagine viva di Chiesa e di cattolicesimo, un salutare e vitale caos, molta accoglienza

I profeti sembrano mezzi matti. Fanno cose sconsiderate, mentre tutti invocano i buoni propositi e spesso non muovono un dito, i folli di Dio come don Benzi fanno spropositi e un sacco di bene. Per noi cristiani cattolici di “rito romagnolo” Don Benzi è un faro. E ora da “quasi beato” lo è per tutti. Romagnolo doc, quindi brusco a volte nei modi ma con dentro una gentilezza, anzi no, una misericordia infinita, don Benzi è nato cent’anni fa da una famiglia semplice con nove figli. Poi il seminario, tanta attività con adolescenti e giovani e poi la fioritura di azioni di carità e solidarietà ovunque in Italia e nel mondo. Non si capirebbe nulla della sua generosa e proteiforme azione caritativa e sociale – dalle case d’accoglienza per miseri di ogni genere, alle lotte per i diritti, dalla ospitalità e rinascita per le prostitute contro il racket, dalla lotta alla droga alle comunità di recupero – senza ammirare la sua passione innamorata di Cristo. E non si capirebbe nulla delle sue battaglie coraggiose che gli hanno attirato inimicizia anche da parte di quelli che ora l’applaudono, come la ferma condanna di tutte le droghe e le preghiere dinanzi alle cliniche dove si pratica l’aborto, senza indagare quella caratteristica di fermezza sui principi e di braccia larghe che segna la fede autentica. I peccati gravi sono quelli di “concetto”, ovvero quelli in cui si mette in forse con idee e concezioni l’azione dello Spirito di Dio che abita la storia e rende sacra ogni persona. Dunque grave ogni azione contro di essa che sia la violenza, la soppressione di diritti, la droga, l’aborto, la schiavitù. Su questo Don Benzi era fermo, intransigente come solo i romagnoli sanno essere quando si intestardiscono per qualcosa. Come tanti sant’uomini di Dio era un uomo estremo non un estremista. La pronuncia e la testimonianza chiara e inequivocabile rispetto alle cose importanti era tanto forte quanto largo il suo abbraccio. Proprio quello che il mondo non sopporta e vede come contraddizione e tende – in modo interessato – a confonder le acque. Come ricordava Eliot: la chiesa è dura dove coloro che la avversano la vorrebbero tenera, e tenera dove vorrebbero fosse dura. Era ferreo nei principi per richiamare tutti alla verità sacra della vita, e perciò misericordioso verso la persona. E non si capirebbe nulla di don Benzi senza vedere agli inizi della sua azione il fuoco che lo animava perché i giovani avessero un “incontro simpatico” con Cristo. Erano gli anni ‘50 e lui come altri preti (in Romagna ad esempio don Francesco Ricci e don Giancarlo Ugolini) avvertirono che certe forme di associazionismo cattolico tradizionale non bastavano e tra i giovani c’era bisogno di altro. Un incontro con Cristo che non fosse ridotto a moralismo, a potere, a qualcosa di distante dalla vita. Con il Concilio Vaticano II certe istanze emersero e don Benzi già da prima fece profeticamente fiorire con tanti amici e collaboratori forme nuove di comunità e di impegno. Desiderava vivere in “un centro di accoglienze alla rinfusa, cioè un luogo dove c’è posto per tutti” dando una immagine viva di Chiesa e di cattolicesimo davvero di “rito romagnolo”. Un salutare e vitale caos, molta passione e grande ospitalità.
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