«Disinneschiamo» la Bosnia prima che sia troppo tardi
martedì 23 novembre 2021

Gentile direttore,
il bellicismo si è intensificato in Bosnia ed Erzegovina. E mentre alcuni politici, anche in Paesi vicini come Serbia e Croazia, incendiano la loro retorica, la comunità internazionale fatica a trovare una risposta all’escalation di tensioni. È una situazione pericolosa per le persone che vivono nella regione e per l’Europa intera. Il riemergere di certi discorsi dovrebbe far scattare l’allarme e ricordarci la brutalità e le gravi violazioni dei diritti umani che persone indottrinate da una propaganda odiosa possono infliggere ai loro simili. Per chi ha vissuto le atrocità delle guerre jugoslave negli anni 90 del Novecento, il quadro è chiaro e fin troppo familiare. Io sono una di loro. Nata a Sarajevo, sono stata testimone dei modi subdoli dell’indottrinamento nazionalista.

Le guerre degli anni 90 sono state una diretta conseguenza di quel discorso pubblico, che ha introdotto una narrativa del 'noi contro loro', e ha portato alla disumanizzazione dell’altro e alla marginalizzazione delle voci contrarie alla guerra. Purtroppo, però, sembra che non abbiamo imparato dal passato. La retorica irresponsabile dei politici di oggi torna a mescolare in modo esplosivo insulti, riferimenti etnici e sentimenti religiosi. Le parole sono importanti. Sono il tessuto connettivo della vita collettiva, e l’inconsapevolezza di quanto gli esseri umani in certe situazioni possono essere aizzati dalle parole può avere un effetto paralizzante sugli eventi della vita reale e portare a esitli pericolosi.

La gente di Bosnia ed Erzegovina vive ancora una volta nella paura del conflitto. E gli Stati membri del Consiglio d’Europa non dovrebbero sottovalutare il pericolo. Questo è il momento di dimostrare unità per proteggere e promuovere i diritti umani, la democrazia e lo stato di diritto in Bosnia ed Erzegovina. Questo è il momento di lavorare per allentare le tensioni, utilizzando al meglio il dialogo multilaterale, la cooperazione e gli strumenti di coordinamento forniti dalle organizzazioni internazionali. Quattro i capisaldi su cui costruire. In primo luogo, la Costituzione della Bosnia ed Erzegovina e la legge elettorale devono diventare inclusive, perciò vanno riformate. Dodici anni fa, nella sentenza Sejdic e Finci, la Corte europea per i diritti umani ha stabilito che entrambi, in quanto basati sulle etnie, sono discriminatori.

L’attuazione di quella sentenza, e delle altre (Zornic, Šlaku e Pilav) che intervengono in questa stessa materia, impone l’eliminazione di qualsiasi discriminazione riguardo al diritto a libere elezioni. In secondo luogo, i discorsi di odio, la negazione del genocidio e la glorificazione dei criminali di guerra devono cessare. Invece di fare i guerrafondai e di diffondere propaganda divisiva, i politici in Bosnia ed Erzegovina e nella regione dovrebbero lavorare per migliorare le relazioni interetniche e garantire che i diritti di tutti siano ugualmente protetti. La società civile e le sue azioni coraggiose, tese a evidenziare problemi e soluzioni, devono essere protette e non oppresse. Gli sforzi per affrontare le gravi violazioni dei diritti umani del passato e la ricerca delle persone scomparse devono continuare. Bisogna perseguire la verità, agire con responsabilità e costruire un sistema educativo e un percorso civile che incoraggi tutti a comprensione e riconciliazione.

La Bosnia ed Erzegovina non può farlo da sola. I Paesi vicini, sia singolarmente sia come parte di organizzazioni internazionali, dovrebbero sostenere le iniziative che tendono a questi obiettivi ed evitare qualsiasi comportamento che possa comprometterne la realizzazione. In terzo luogo, il miglioramento della qualità della vita e il superamento delle disuguaglianze, che si sono aggravate durante la pandemia di Covid-19, devono essere affrontati con urgenza. Servono riforme istituzionali ed economiche, si dovrebbe garantire un sistema giudiziario davvero indipendente ed efficiente e dare impulso alla lotta contro la corruzione e i suoi effetti dannosi sui diritti umani. Infine, i media dovrebbero svolgere un ruolo positivo, riferendo in modo etico ed evitando di diventare – come purtroppo è successo in passato – strumenti di una macchina da guerra ben orchestrata.

Una stampa libera è pilastro della democrazia, per vigilare sulle pubbliche responsabilità, denunciare le violazioni dei diritti umani e prevenire l’incitamento a odio e violenza. E se i governi hanno l’obbligo di garantire la sicurezza e l’indipendenza dei giornalisti, i media devono agire in modo professionale, servendo solo il bene pubblico e non interessi politici divisivi. Le tensioni in aumento in Bosnia ed Erzegovina sono una minaccia reale per il Paese, per la regione e per la stabilità del continente. Disinnescarle e garantire la protezione dei diritti umani deve diventare una priorità assoluta.

Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa

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