giovedì 19 marzo 2015
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Caro direttore,
gli stilisti Dolce e Gabbana hanno dichiarato di essere contrari alla fecondazione eterologa con l’utilizzo dell’utero in affitto per far avere figli alle coppie omosessuali. Bene, finalmente qualcuno che anche in campo omosessuale ha il coraggio di andare controcorrente. Peccato che Elton John, che l’utero in affitto e l’eterologa li ha sfruttati per avere figli, ha lanciato una campagna di boicottaggio contro i due stilisti perché ha ritenuto offensiva la realtà, cioè che queste tecniche creano i bambini “da catalogo” e in laboratorio. È giusto precisare, infatti, che il cantante e il suo compagno non hanno adottato nessuno, come invece dichiarato in molti servizi giornalistici in questi giorni. Se ognuno è libero di esprime la propria opinione e secondo i gruppi Lgbt perfino di “essere quello che vuole”, allora perché osteggiare così duramente e violentemente due gay che hanno detto semplicemente la loro opinione? Quella dei gruppi Lgbt è una campagna sostenuta da super-ricconi alla Elton John e Ricky Martin e da altri attori e star superpagate e da un pensiero che vuole imporsi come unico. Dovrebbero avere l’onestà di rivelare dove hanno fatto le fecondazioni eterologhe e in che modo… Dovrebbero dire come sono nati i bimbi che hanno voluto avere. Per quanto ci riguarda, visto che vogliamo essere liberi di dire la verità, sosteniamo anche la libertà di espressione di Dolce e Gabbana, il loro e nostro diritto di poter dire che i figli sono figli di una mamma e di un papà e non dei prodotti di laboratorio scelti al catalogo.
Luca Tanduo, Presidente e il direttivo del Movimentoper la vita Ambrosiano
Grazie per la vostra riflessione, cari amici e – non mi stanco mai di dirlo – per il vostro umile, costante e concreto impegno a sostegno delle madri in difficoltà e della vita nascente. Nella vostra lettera richiamate opportunamente alcuni spunti di riflessione che Lucia Bellaspiga ha già sviluppato su queste pagine martedì scorso e aggiungete una notazione molto seria e grave sulla tendenza della stampa “allineata” al politicamente corretto a nascondere il fatto che i figli ottenuti da sempre più coppie di uomini omosessuali nascono attraverso l’affitto di un grembo di donna, una madre che all’atto stesso della nascita del bimbo in genere deve “scomparire”. Anche Elton John ha avuto ovviamente così i figli che ha voluto: comprando un utero femminile. Lui nel nord del mondo, altri – la maggior parte – nel sud del mondo dove si consuma quello che ho definito più volte uno sconvolgente e letterale “esproprio proletario” dei ricchi sulla pelle dei poveri, delle donne povere. Continuo a non capire come mai sia così lenta a scoppiare una vasta e risolutiva indignazione contro queste pratiche disumane, che mercificano le donne – riducendole a “fattrici” di figli per altri – e che tendono a trasformare in mero “prodotto” i figli che portano in sé e che per nove mesi si nutrono, respirano, sentono e comunicano all’unisono con una madre che non vedranno più (ma che, per tutto quello che ho ricordato, è e resterà madre anche se il bambino o la bambina che ha messo al mondo è stata “assemblata” in laboratorio con “materiale biologico” – espressione che qui diventa tristissima – diverso dal suo). C’è un altro pensiero che mi preme. Alcuni vip e lobby gay affiancati da personaggi pubblici convertiti alla visione della persona proposta dalle “teorie del gender” (che negano il dato di realtà della femminilità e della mascolinità) hanno lanciato ancora una volta un boicottaggio militante per punire e zittire gli “eretici” (omosessuali dichiarati, stavolta) che obiettano davanti ad almeno una parte (relativa alla natura autentica della famiglia) di quello che si vorrebbe imporre come pensiero unico. Mi colpisce che siano sempre gli autoproclamati paladini di tutte le libertà, a lanciare campagne ostili di questo tipo in un troppo vasto clima di approvazione o di remissiva accettazione. Il boicottaggio stavolta contro D&G, ieri contro Barilla, così come viene proposto e attuato, è una scelta gravissima, perché non invita a rifiutare in modo preciso e mirato un prodotto, un’opera dell’ingegno, un’espressione che a torto o a ragione si ritiene sbagliata, ma in blocco un’esperienza, un modo di pensare di una o più persone. Viviamo un tempo strano, confuso e duro. Che recupera dal passato non certo il meglio. È impressionante che mentre si medita di cancellare anche l’idea della normalità della presenza di un padre e di una madre nella vita di un bimbo in nome di una genitorialità “numerale” e mentre si spreca retorica sulla protezione dei minori, si ripristini di fatto sulla creatura nascente, che non corrisponde alle attese del desiderante o non risulta adeguato al catalogo della perfezione fisica codificata, l’antico e terribile ius vitae ac necis, il diritto di vita e di morte che fu proprio del padre. Ed è altrettanto impressionante che con il boicottaggio che punta all’annichilimento dell’avversario (o degli avversari) si finisca per recuperare l’altrettanto terribile (e da non moltissimo tempo abbandonato) istituto della morte civile, che escludeva senza scampo dal consorzio dei cittadini, e dai relativi diritti, colui/colei che veniva giudicato indegno/a. È una bestemmia contro la libertà e l’umanità. E quelli come noi, cari amici, non sopportano neanche le bestemmie laiche. Perciò continuiamo a pensare, a parlare, a costruire, a vivere in un altro modo. P.S. A proposito di parole e gesti che diventano bestemmia, l’Arcigay bolognese ha pensato bene di usare in questo modo violento e triviale l’immagine di Gesù Cristo e la sua croce. Ecco un’altra e assai scomoda verità sulla disposizione al “rispetto” di gente che vorrebbe goderne addirittura di uno speciale, rafforzato da sanzioni specialissime attraverso una legge sull’«omofobia». Si vergognino, e basta.
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