
Lavoratori stranieri a Foggia - ANSA
Il nuovo decreto Flussi approvato ieri in Consiglio dei ministri contiene novità positive, ma è soprattutto lo specchio delle contraddizioni della maggioranza sull’immigrazione. Per la seconda volta da quando è al governo, l’esecutivo di Giorgia Meloni ha dovuto accogliere obtorto collo le richieste di favorire l’ingresso di manodopera dall’estero avanzate da una parte della sua base elettorale – quella dei piccoli e medi imprenditori – emanando un decreto Flussi che farà entrare nel triennio 2026-28 un numero decisamente superiore di lavoratori stranieri non comunitari rispetto ai precedenti governi. Dai 450 mila dell’ultimo decreto di tre anni fa, tetto raggiunto dopo lunghe trattative e insufficiente a detta delle associazioni datoriali, si è arrivati ieri a circa mezzo milione di lavoratori previsti nei prossimi tre anni.
È una buona notizia, perché il Governo non solo prende atto della realtà e delle esigenze del nostro mercato del lavoro, ma allarga le possibilità di ingresso legale di stranieri nel nostro Paese, che resta la via maestra - al di là degli strumenti tecnici scelti - per favorire l’integrazione degli immigrati. L’azione politica dell’esecutivo è, però, in contraddizione evidente con le dichiarazioni di chiusura all’ingresso di nuovi immigrati – che rispondono alle esigenze securitarie e “placano” le paure di una parte della cittadinanza, altro serbatoio di voti – ritenendo che sul mercato del lavoro l’offerta sia già saturata dagli immigrati presenti e dagli italiani in cerca di occupazione. Ma la realtà è ben diversa, dati alla mano.
E smentisce al solito le chiacchiere e le fake news da talk show e i proclami dei politici. Soprattutto nei comparti interessati dal decreto Flussi, quindi l’agricoltura, il lavoro domestico e quello stagionale, che sono sempre alla ricerca di mano d’opera e che i lavoratori italiani evitano come la peste ormai da anni preferendo emigrare nei Paesi dell’Ue dove trovano paghe più alte e condizioni migliori. Il governo, viste le esperienze negative degli anni scorsi soprattutto in Campania ha garantito inoltre che nel prossimo triennio correrà ai ripari vigilando per prevenire le truffe. Resta da capire come, vista l’attuale carenza di controllori. L’assenza di personale nelle questure è alla base per esempio della lunghissima fase di esame delle domande della sanatoria 2020 protrattasi per più di 5 anni. Dati recenti della campagna “Ero Straniero” hanno poi rivelato che l’anno scorso solo il 10% scarso delle domande dei 120 mila lavoratori entrati con il decreto flussi nel 2023 con contratti di lavoro si è trasformato in permesso di soggiorno. A questo aggiungiamo le code inaccettabili e spesso inutili anche per i banali rinnovi dei permessi di soggiorno dei lavoratori e le attese di mesi per l’esame della domanda di protezione che costringono centinaia di richiedenti asilo a dormire in strada con il conseguente degrado e l’aumento dell’insicurezza percepita e reale.
Non è solo un problema di burocrazia, ma di volontà politica. Anni di allarme sbarchi e di conseguente strumentalizzazione dell’immigrazione vista solo come emergenza dai due schieramenti anche se coinvolge numeri ridotti (al 30 giugno siamo a 29mila persone, 3mila in più del 2024) hanno portato gli italiani a disinteressarsi della maggioranza dei regolari mentre purtroppo l’opinione pubblica si è in larga parte assuefatta ai morti e alle torture. Il caso Albania con gli sprechi di denaro per i centri di detenzione esternalizzati è da manuale. Segno che prima che un problema politico, l’immigrazione resta un problema culturale. Ma affrontarlo solo in termini securitari o emergenziali per poi strizzare l’occhio alle imprese allargando le maglie degli ingressi è una politica di corto respiro, sganciata dalla realtà di una Italia ormai mutata.
Il dibattito aggira così in modo spericolato i nodi veri della integrazione e della riforma della legge Bossi Fini che risale al 2001 ed è palesemente inadeguata per le esigenze produttive del Paese come per quelle del welfare. Pensare al superamento della norma coinvolgendo le associazioni di categoria, i sindacati e il terzo settore puntando a un testo innovativo in Europa che incentivi gli ingressi di flussi di regolari assesterebbe un colpo micidiale ai trafficanti e arginerebbe il fenomeno degli irregolari arrivati con visto turistico che vanno ad alimentare il lavoro nero a ogni livello. Sarebbe un’operazione a costi limitati dalla quale avrebbero da perdere solo quei politici e i loro megafoni che hanno costruito le loro carriere alimentando le paure in ogni modo.