«Dare le parole al dolore». E dargli la Parola (per cambiare la realtà)
mercoledì 26 aprile 2023

Gentile direttore,
«Date parole al dolore: il dolore che non parla bisbiglia al cuore sovraccarico e gli ordina di spezzarsi», scriveva William Shakespeare nel Macbeth. Ma quali parole dare alla guerra, come nominare la tragedia della morte di migliaia di persone? Cosa dire alle mamme di Mykolaiv sui loro figli uccisi da un missile mentre aspettavano l’autobus? Come parlare ai figli del Kivu che nella loro vita non hanno conosciuto che guerra? Quali frasi pronunciare con una giovane che è in fin di vita a vent’anni? E al papà che ha perso un figlio per suicidio? Non ci sono le parole e il cuore si spezza, ma forse anche il dolore ha una speranza, da gridare e tu Signore non ascolti, sei venuto una volta e poi ci hai abbandonati. Perché? Perché una volta sola? Noi non abbiamo lo stesso bisogno di liberazione che avevano duemila anni fa? Dove sei o Assente? Dove siamo?

Fabrizio Floris


Dov’è Dio mentre il male e il dolore spezzano incessantemente vite e segnano di nuove cicatrici le vicende umane che tutti e ciascuno riguardano? Gesù è sulla croce, gentile e caro amico, di nuovo inchiodato. Ed è su tutte le croci che costellano il nostro mondo senza pace, senza mai abbandonarci. E noi dove siamo nel dolore ingiusto degli altri? Siamo noi a essere spesso assenti, noi che non abbiamo capito come stare e starGli accanto, ma possiamo impegnarci per cambiare. Possiamo davvero farlo se riusciamo a non distogliere lo sguardo (come ci invita a fare il Papa, quando le fitte aumentano e le risposte mancano), se sappiamo riconoscerlo nella carne martoriata e offerta (i poveri, ci ricorda ancora papa Francesco, «sono la carne di Cristo»). È qui che comincia la sua Resurrezione, e la nostra. Diamo la Parola che è vita al dolore. E chi non ci crede ne avrà almeno un’umana carezza e una spinta fraterna a non abbattersi, a non rassegnarsi, a lottare, e magari ce la restituirà altrettanto vera e bella.

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