venerdì 12 novembre 2021
Trentanove udienze durante il periodo più duro della pandemia. Meditazioni che parlano della vita e del respiro della fede. Un cammino insieme al «Pellegrino russo»
Dal maggio 2020 al giugno 2021 il Papa ha offerto un percorso di riflessioni sulla vita interiore

Dal maggio 2020 al giugno 2021 il Papa ha offerto un percorso di riflessioni sulla vita interiore - Ansa

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«La fede è grido; la non-fede è soffocare quel grido, e soffocare quel grido è una specie di 'omertà'... La fede è speranza di essere salvati; la non-fede è abituarsi al male che ci opprime... La preghiera è il respiro della fede, è la sua espressione più propria». Era il 6 maggio 2020 quando papa Francesco inaugurava le trentanove catechesi sulla preghiera. Trentanove udienze predicate fino a giugno 2021, in una progressione che ha in qualche modo accompagnato, abbracciato le tappe della pandemia di Covid-19. Perché è di questo periodo, forse in modo meno appariscente, che ha voluto offrire con la preghiera, «respiro della fede», le chiavi della vita. Perché è questa preoccupazione per la vita e la vita interiore, caratterizzante di papa Francesco, di cui in molti sono poco consapevoli che dovrebbe essere meglio conosciuta. E non solo dai cattolici ma anche dai cristiani di altre confessioni.

Le riflessioni di Francesco rappresentano infatti quasi una enciclica sulla preghiera e tracciano un itinerario sulla relazione che ogni essere umano può instaurare con Dio. «Tutto invoca e supplica perché il mistero della misericordia trovi il suo compimento definitivo – dice Francesco nella prima della sua lunga processione di udienze incentrate sulla preghiera – non pregano solo i cristiani: essi condividono il grido della preghiera con tutti gli uomini e le donne. Ma l’orizzonte può essere ancora allargato: Paolo afferma che l’intera creazione «geme e soffre le doglie del parto» (Rm8,22). Gli artisti si fanno spesso interpreti di questo grido silenzioso del creato, che preme in ogni creatura ed emerge soprattutto nel cuore dell’uomo, perché l’uomo è un mendicante di Dio».


Ciò che colpisce in queste meditazioni è il loro tono al tempo stesso incisivo e umano.
Dal Catechismo agli antichi autori cristiani, da sant’Agostino a Evagrio Pontico, da Dante a Péguy

Ciò che colpisce in queste meditazioni – come pure è stato osservato – è in particolare il loro tono al tempo stesso incisivo e così umano. Ci parlano profondamente sia della preghiera che della vita. Papa Francesco è chiaramente ispirato dalla praticata esperienza della fede e delle persone. Intesse le sue riflessioni citando con finezza il Catechismo della Chiesa cattolica e gli antichi autori cristiani da sant’Agostino a Evagrio Pontico, da Dante ai poeti come Charles Péguy. E fa spesso riferimento a semplici conversazioni avute con i comuni fedeli le cui parole hanno suscitato la sua riflessione. Soprattutto queste meditazioni sono un incontro vivo con le Scritture e con il Ver- bo di Dio fatto carne. Incontri dai quali scaturiscono le sue affermazioni della fede e sulla preghiera. Come per sant’Agostino, papa Francesco ricorda allora che l’umiltà – la virtù portata da Cristo e che a Cristo conduce – è il fondamento anche della preghiera: «La preghiera nasce dalla terra, dall’humus – da cui deriva 'umi-le', 'umiltà' –; viene dal nostro stato di precarietà, dalla nostra continua sete di Dio». E risiede qui, per il Papa, la più bella definizione della fede: «La fede è avere due mani alzate, una voce che grida per implorare il dono della salvezza». E «grido » è la prima definizione che papa Francesco dà della preghiera, che è la condizione stessa del mendicante.


In tempi difficili, forse sono anche le pagine più alte di un magistero radicato nel Vangelo e nell’ufficio petrino di custodire la fede

Cosa c’è al centro della preghiera? Partendo dalla storia evangelica di Bartimeo, un uomo cieco e solitario la cui vita sembra non interessare a nessuno, la prima catechesi sulla preghiera del Papa invita così a considerare la preghiera come «grido», e anche come «bella ostinazione» che «bussa alla porta del cuore di Dio». E cosa dice questa voce che bussa e non vuole tacere? «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore!». È questa per il Papa la «preghiera del cuore», mutuata dall’itinerario spirituale del Pellegrino russo, che ha fatto da filo rosso alla catechesi anche un anno dopo in una di una delle ultime udienze dedicate alla preghiera. Il 9 giugno 2021 ha detto infatti a più riprese ai fedeli presenti nel Cortile di San Damaso di ripeterla insieme a lui: «Una semplice preghiera, ma molto bella», ha commentato a braccio: «Una preghiera che, a poco a poco, si adatta al ritmo del respiro e si estende a tutta la giornata». «In effetti, il respiro non smette mai, nemmeno mentre dormiamo; e la preghiera è il respiro della vita» ha affermato Francesco, ricordando che il Catechismo «ci offre bellissime citazioni, tratte dalla storia della spiritualità, che insistono sulla necessità di una preghiera continua, che sia il fulcro dell’esistenza cristiana». «Il cuore in preghiera », ha sottolineato il Papa, secondo il quale «c’è un ardore nella vita cristiana, che non deve mai venire meno.

È un po’ come quel fuoco sacro che si custodiva nei templi antichi, che ardeva senza interruzione e che i sacerdoti avevano il compito di tenere alimentato. Ecco: ci deve essere un fuoco sacro anche in noi, che arda in continuazione e che nulla possa spegnere». Dopo aver ripercorso le dimensioni essenziali della preghiera: benedizione, richiesta, intercessione, ringraziamento e lode, la prospettiva è personale e molto ampia: ogni catechesi trova la sua unità in una figura o un tema biblico particolare. Nella seconda metà del ciclo di udienze – come viene rilevato nella recente pubblicazione dei testi a cura della Lev – papa Francesco si volge verso la tradizione viva della preghiera e l’esperienza dei credenti dove l’accento della preghiera è posto proprio nell’esistenza umana del credente.

Nell’udienza del 21 aprile 2021 ritorna all’umiltà e ne dà questa immagine: «Tutti dovremmo avere l’umiltà di certi anziani che, in chiesa, forse perché ormai il loro udito non è più fine, recitano a mezza voce le preghiere che hanno imparato da bambini, riempiendo la navata di bisbigli. Quella preghiera non disturba il silenzio, ma testimonia la fedeltà al dovere dell’orazione, praticata per tutta una vita, senza venire mai meno. Questi oranti dalla preghiera umile sono spesso i grandi intercessori delle parrocchie: sono le querce che di anno in anno allargano le fronde, per offrire ombra al maggior numero di persone. Solo Dio sa quando e quanto il loro cuo- re fosse unito a quelle preghiere recitate: sicuramente anche queste persone hanno dovuto affrontare notti e momenti di vuoto. Però alla preghiera vocale si può restare sempre fedeli. È come un’ancora: aggrapparsi alla corda per restare lì, fedeli, accada quel che accada».

E poi ancora il Papa riprende le fila del Pellegrino russo: «Abbiamo tutti da imparare dalla costanza di quel pellegrino russo, di cui parla una celebre opera di spiritualità, il quale ha appreso l’arte della preghiera ripetendo per infinite volte la stessa invocazione: “Gesù, Cristo, Figlio di Dio, Signore, abbi pietà di noi, peccatori!”. Ripeteva solo questo. Se arriveranno grazie nella sua vita, se l’orazione si farà un giorno caldissima tanto da percepire la presenza del Regno qui in mezzo a noi, se il suo sguardo si trasformerà fino ad essere come quello di un bambino, è perché ha insistito nella recita di una semplice giaculatoria cristiana. Alla fine, essa diventa parte del suo respiro». Con la preghiera vocale si entra nel cuore della tradizione: «È la preghiera dei semplici, quella che ci ha insegnato Gesù: Padre nostro, che sei nei cieli ... Le parole che pronunciamo ci prendono per mano... e ci portano per mano verso l’esperienza di Dio. E soprattutto sono le sole, in maniera sicura, che indirizzano a Dio le domande che Lui vuole ascoltare».

Queste catechesi di papa Francesco pronunciate in tempi difficili, quasi come un’enciclica sulla preghiera, costituiscono forse anche le pagine più alte del suo magistero radicato nel Vangelo e nell’ufficio petrino di custodire la fede. Dal Cortile di San Damaso in Vaticano, nell’udienza del 26 maggio 2021 ha detto: «È facile scrivere su uno stendardo: “Dio è con noi”, molti sono ansiosi di assicurare che Dio sia con loro, ma pochi si preoccupano di verificare se loro sono effettivamente con Dio. Nella preghiera è Dio che converte noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio. È l’umiltà. Converti Tu, Signore, il mio cuore perché chieda quello che è conveniente, chieda quello che sarà meglio per me... Impariamo questa pazienza umile di aspettare la grazia del Signore. Il Signore c’è all’ultimo giorno, Lui risolve tutto».

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