sabato 5 ottobre 2013
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Quasi un punto cruciale di congiunzione. Il Papa ad Assisi celebra con l’Italia il suo patrono Francesco d’Assisi, prega per la pace e il nostro Paese, ci dona parole di saggezza, conforto, razionalità, perché possiamo riprendere un cammino che nei giorni scorsi ha corso il rischio di interrompersi. Il Vescovo di Roma esprime la sua vicinanza alla Nazione italiana pregando «perché ciascuno lavori sempre per il bene comune, guardando a ciò che unisce più che a ciò che divide». Il Papa conosce le giornate difficili, di angoscia per il futuro, di vera sofferenza, della politica italiana, che potevano portare a una svolta drammatica, a un formidabile regresso, fino vanificare il lavoro fatto negli ultimi anni. Ma ha visto che l’Italia ha molte cose che la tengono unita, solidale, la rendono capace di sopportare sacrifici grandi, stringersi attorno all’essenziale.
Nei momenti più difficili della crisi s’è come formato un coro per fermare i responsabili della politica dal compiere un passo fatale, dal superare la soglia di non ritorno: le forze sociali, economiche, culturali, in primo piano la Chiesa italiana con le parole della Cei e del cardinale Angelo Bagnasco, hanno fatto sentire la propria voce, hanno spinto perché prevalesse una lungimiranza che sembrava persa. In queste voci si è avvertita la capacità di reazione contro manovre sciagurate che potevano creare fratture insanabili, si è sentita l’eco di una solidarietà senza rete che unisce il Paese e si manifesta nei passaggi più aspri. Ne abbiamo avuto conferma anche quando l’Italia si è raccolta con un sentimento di sgomento, partecipazione, attorno alle vittime della sciagura verificatasi nel mare di Lampedusa: un sentimento che riflette un deposito di solidarietà forte dentro di noi, capace di dar vita a uno straordinario sostegno per i patimenti di chi ha cercato di raggiungere il nostro Paese. Questo patrimonio comune non può essere scalfito, disperso, con visioni miopi, deformanti, della politica, del governo della cosa pubblica.
Forse le parole del Papa possono accostarsi a quelle del presidente Giorgio Napolitano che ha senza soste incoraggiato la classe politica a ritrovare le ragioni dello «stare insieme», farle prevalere su quello spirito di fazione che è il miglior alleato di una crisi che non risparmia nessuno, sta divorando il futuro delle nuove generazioni, toglie fiducia a ogni ceto sociale, a ogni soggetto della vita economica e produttiva. Sono parole rivolte al futuro, che invitano a evitare gli errori del passato, costruire ciò che tutti si aspettano dai responsabili del governo. C’è molto da ricostruire, nelle istituzioni e nella società. Qualcosa s’è incrinato, non solo all’interno di alcune forze politiche, ma nella fiducia della gente, qualcosa che deve essere recuperato per rimetterci in cammino. In primo luogo la consapevolezza che non c’è più spazio per piccole o grandi guerre di notabili, che finiscono in un vortice privo di qualsiasi dignità politica. L’approdo cui queste guerre stavano portando ha alla fine spaventato anche i rispettivi guerrieri, i quali per convinzione o per convenienza si sono ritirati dalla mischia. Ora è necessario il secondo passo, indicato dal Papa, per recuperare il senso e i contenuti del bene comune che tutti noi conosciamo: esso consiste nello stringersi insieme per ridare anzitutto ai giovani una prospettiva di impegno nel lavoro, per la propria famiglia, per coloro che hanno sempre di meno e sono affidati alla solidarietà altrui.
Per raggiungere questo obiettivo è indispensabile coniugare una scala di valori etici che spinga ad una solidarietà collettiva di cui non possiamo perdere memoria. Stiamo parlando delle fondamenta che reggono una società, e non possono essere messe a rischio da chi coltiva interessi personali o di fazione. L’augurio e la preghiera del Vescovo di Roma per un Paese come l’Italia, vicina alla Chiesa per tante ragioni storiche e spirituali, costituiscono un gesto di fiducia e di speranza, testimoniano l’impegno dei cattolici per fermare ciò che porta alla disgregazione, porre le basi di una coesione sociale fondata su valori nei quali ci si riconosca veramente. 
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