martedì 15 ottobre 2019
Ottocento anni dopo l’incontro tra Francesco e Al Kamil
Da conversione a conversazione tra le religioni
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Gentile direttore,
ottocento anni fa, san Francesco incontrò il Sultano Al Kamil a Damietta. Dopo un tentativo di convertirsi l’un l’altro, i due decisero di rimanere amici, passando dalla conversione alla conversazione. Dobbiamo oggi riaffermare il ruolo guida dell’approccio cristiano e islamico nel panorama globale, quale elemento di civilizzazione etica per la giustizia sociale, grazie al contributo dato dal patrimonio culturale e religioso alla promozione di società pacifiche e inclusive.

Dobbiamo sottolineare la necessità di trovare affinità culturali quando si hanno relazioni a distanza, per migliorare la comprensione tra fedi, e aggiungerei, la comprensione all’interno delle fedi. Siamo consapevoli dell’importanza dei social media, ma possiamo stabilire una piattaforma virtuosa per i media virtuali? I nostri attuali libri di testo non hanno ancora attenzione alla connessione tra microcosmo e macrocosmo o persino all’Ishraq (Illuminazione). L’antica convinzione è che la vicinanza a Dio può essere raggiunta attraverso la ricerca della verità e della compassione. In un periodo di interconnettività e di emotività delle immagini, dobbiamo portare tra la gente l’impegno alla costruzione della pace e alla prevenzione dei conflitti, se vogliamo ottenere un beneficio diretto per la vita dei bambini nelle aree del mondo devastate dalla guerra.

L’80% dei rifugiati nel mondo è musulmano e il 68% è arabo. Se conoscere è amare, la consapevolezza e la conoscenza reciproche sono il frutto dell’educazione. Accogliamo l’invito di Papa Francesco per l’evento globale di 'Reinventare il Patto Globale per l’Educazione' nel 2020. Siamo determinati a migliorare la qualità della vita per tutti, a garantire cibo e acqua e a permettere alle persone vulnerabili ed emarginate di colmare il divario di dignità che li penalizza. In dicembre avremo il forum globale Onu sui rifugiati, ma soltanto rivolgendoci all’intera umanità possiamo abbattere i ghetti che ci separano. Possiamo essere cittadini garantiti o rifugiati, migranti o sfollati, ma prima di tutto e soprattutto siamo figli di Dio.

Presidente dell’Istituto reale giordano per gli studi inter-religiosi

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