Costruire l'alternativa all'inferno
martedì 8 agosto 2017

Caro direttore,

riportare i migranti in Libia, in questo momento, «vuol dire riportarli all’inferno». Una frase forte quella del viceministro Mario Giro che condividiamo con convinzione, e l’abbiamo ripetutamente dichiarato in varie sedi pubbliche. È inferno essere acquistati dai “custodi” di un campo profughi per essere ridotti in schiavitù. È inferno essere selezionati e “prelevati” da mercanti internazionali di organi umani. È inferno essere sistematicamente violentati e stuprati: molte delle donne che arrivano incinte sulle nostre coste ne sono una prova concreta e la conferma arriva dalle testimonianze raccolte durante le visite mediche dal nostro personale sanitario. È inferno diventare ostaggi di gruppi organizzati che pretendono riscatti dai parenti in patria o in Europa.

L’Italia potrebbe fare qualcosa rispetto alla conduzione di questi campi? Quanto meno potrebbe provarci. Potrebbe stipulare un accordo con il Governo libico per permettere a organismi delle Nazioni Unite e Associazioni di volontariato e solidarietà internazionale di intervenire per umanizzare la gestione di quei campi. Questo significa innanzitutto sostituire persone e gruppi che attualmente governano i campi libici, cioè tutti coloro che, anche in connivenza con le autorità locali, permettono le peggiori nefandezze. Con una governance alternativa dei campi si potrebbero ottenere risultati diversi: dal dialogo con le persone che possono ritornare in patria sostenute da un concreto progetto di rientro alla predisposizione di canali sicuri, cioè di corridoi umanitari, per coloro che hanno diritto a ricevere asilo. Si potrebbe condizionare il business dei trafficanti di esseri umani attraverso un’azione preventiva. È però evidente che un’azione di questo genere verrebbe violentemente osteggiata da chi oggi lucra sulla vicenda migranti. Proprio per questo sarebbe necessario una trattativa con il Governo libico, perché questo salto di qualità, necessario e possibile, si può realizzare solo se gli operatori umanitari sono tutelati.

La Focsiv che oggi raggruppa 80 associazioni di volontariato e di solidarietà internazionale – alcune delle quali impegnate da più di 50 anni nei Paesi impoveriti dell’Africa, del Vicino oriente, dell’America Latina e dell’Asia anche in situazione di emergenza umanitaria – potrebbe assicurare la propria disponibilità per intervenire direttamente. Come già in Siria, in Libano, in Iraq e nel Kurdistan.

Rispetto poi alla sorveglianza delle coste libiche, informazioni attendibili ci dicono di come la Guardia costiera libica (senza specificare di quale si tratti tra quella legata al ministero della Difesa affidato al generale Haftar e quella del ministero dell’Interno controllata dal presidente al-Serraj) sia collusa con i trafficanti di migranti. Come abbiamo già detto riportare i migranti nei centri di detenzione libici equivale a ricacciarli in un inferno, alla mercé di nuove violenze, di compravendite e sfruttamenti delle varie milizie.

Se il Governo italiano non comprendesse questa realtà, le operazioni di formazione della guardia libica e di sostegno con operazioni logistiche delle nostre navi nelle acque locali, sarebbero votate al fallimento, alla strumentalizzazione e al ricatto delle diverse fazioni libiche. Non lo crediamo possibile.

Il dialogo e la cooperazione con le fazioni libiche non possono non essere condizionati al rispetto della dignità umana di libici e stranieri presenti nel Paese. La cooperazione con la guardia costiera libica deve essere oggetto di attento monitoraggio. Non si può aiutare chi spara sui migranti. Ma chi si impegna a rispettare i diritti umani, può e deve avere collaborazione. Non si può consentire il respingimento di esseri umani verso centri di detenzione. Ma chi si impegna a creare centri accoglienti e sicuri, deve poter contare sulla cooperazione internazionale. La dignità dei migranti va rispettata offrendo loro soluzioni credibili alternative all’irregolarità: ritorni protetti, integrazione con la popolazione locale in reti di sicurezza sociale ed economica, corridoi umanitari verso l’Europa.

Focsiv chiede quindi al Governo italiano di utilizzare il Fondo Africa e i finanziamenti europei per la Libia, in iniziative per i diritti umani dei migranti e delle popolazioni locali vittime dei conflitti, sostenendo operatori umanitari, investendo in centri e corridoi umanitari. Iniziative per la pace e lo sviluppo che abbiano finalmente un impatto significativo rispetto alla dimensione strutturale del fenomeno in atto.

*Presidente della Focsiv

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