venerdì 19 aprile 2013
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​Tocca spesso agli artisti, in maniera più o meno consapevole, sollevare il velo delle ipocrisie e gridare finalmente che "il re è nudo". È stato così questa volta con il concerto del Primo maggio, organizzato da Cgil, Cisl e Uil a Roma, da oltre 20 anni. Un rito ormai svuotato del suo significato originario e che i sindacati confederali farebbero bene a sostituire con altre iniziative.L’ostracismo verso il rapper Fabri Fibra, colpevole di aver scritto (e di cantare) testi giudicati maschilisti e misogini, certo non "socialmente corretti", è in realtà rivelatore della difficoltà di mettere insieme – evitando cortocircuiti – la cultura giovanile a 360 gradi e l’impegno sociale dei sindacati; la libertà di espressione dei ventenni (e dei loro artisti di riferimento) col linguaggio controllato di chi esercita una responsabilità nel corpo sociale e promuove un appuntamento trasmesso in diretta sulla tv pubblica. In fondo, oggi, l’enorme difficoltà di conciliare gli umori e i sentimenti di chi partecipa al Concertone con la natura e le strategie dei confederali. Il nodo infatti sta qui: non sono i testi di una canzone, in realtà, a fare problema. Quanto il rapporto tra le nuove generazioni e il sindacato come istituzione, tra i giovani e le scelte concrete che Cgil, Cisl e Uil hanno compiuto negli ultimi decenni. Chi oggi ha 20, 30 anni e alterna disoccupazione a contratti a termine, fatica a riconoscersi in un sindacato che ha calcolato al centesimo la differenza tra la vecchia mobilità e la nuova Aspi, ma non si è speso per rendere universali le tutele. Fa un’enorme fatica a identificare nei confederali il corpo intermedio attraverso il quale rendere concreti i valori di equità e solidarietà, quando guarda alle disparità nella previdenza. In piazza San Giovanni a Roma, come nel resto d’Italia, ci sono giovani che avvertono tutto il peso della contraddizione tra il proprio difficile vissuto e un movimento sindacale che continua a difendere prioritariamente gli insider (quelli che sono già dentro il mercato del lavoro) e chi ha oltre 40 anni.Sarebbe sbagliato addossare ai sindacalisti la responsabilità dei fenomeni di peggioramento della condizione giovanile. O pensare che le confederazioni abbiano totalmente perso il contatto con le nuove generazioni. Non è certo così. Tuttavia, le risposte paternalistiche come il patrocinio (a prescindere) delle occupazioni delle scuole o il "regalo" del Concertone gratis non hanno più ragion d’essere. Il "complesso del Primo maggio", come cantano gli Elio e le storie tese (altri artisti disvela-ipocrisie) rischia di imprigionare i sindacati in una ritualità stanca e controproducente al ritmo di musica balcanica. Certo, non è semplice dopo oltre 20 anni chiudere baracca e burattini del concertone senza far avvertire tutta la vertigine di un vuoto. Ma Cgil, Cisl e Uil, che ancora possono contare su 11 milioni di iscritti, una presenza significativa nei luoghi di lavoro e discreti mezzi finanziari, potrebbero ben trovare delle valide alternative.Ad esempio, trasformare la giornata del Primo maggio in una grande festa dell’impegno sociale. Oppure, dibattendo sul valore del lavoro e sul suo declinare, individuare ogni anno un luogo simbolo in cui lasciare un’opera, una presenza significativa. O ancora, in accordo con le rappresentanze imprenditoriali, organizzare incontri in uffici e fabbriche aperti per avvicinare i giovani al lavoro, ridando dignità piena a tutte le professioni e attività. Insomma, tornare a fare – bene, con chiarezza di ruoli – il proprio mestiere. Che per il sindacato resta quello, imprescindibile anche nelle società post-moderne, di difendere i lavoratori, promuovere il lavoro, collaborare alla crescita della coesione sociale nel Paese. Aggregare semplicemente con la musica o delegare l’impegno al rock o al rap, tra invettive e vecchi slogan, rischia di diventare solo una scorciatoia non più praticabile. O no?
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