martedì 14 gennaio 2014
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Che la porpora cardinalizia indichi la chiamata più esplicita al servizio – uomini disposti a spargere il proprio sangue pur di non abbandonare il gregge – è un fatto che con tutta la forza del simbolismo sta al cuore stesso della Chiesa e della sua presenza nel mondo. Chi nella gerarchia è più vicino al Vicario di Cristo più lo deve testimoniare nel modo in cui Cristo stesso si è mostrato come esempio. «Io sto in mezzo a voi come colui che serve», si legge nel Vangelo. «Siate pastori, non funzionari; siate mediatori, non intermediari – aveva detto il Papa ai nuovi sacerdoti un mese dopo la sua elezione –. Abbiate sempre davanti agli occhi l’esempio del Buon Pastore che non è venuto per essere servito, ma per servire». È la logica paradossale che il cristianesimo ha insegnato al mondo dove ha attecchito il suo seme: il primo è l’ultimo, chi guida serve, la vita vera si ottiene arginando al proprio ego. Un grembiule color sangue, memoria dei martiri, dei cristiani perseguitati in ogni tempo, richiamo trasparente alla Croce.Se non ci si colloca in quest’ordine di idee, diventa impossibile leggere correttamente non solo le nomine che il Papa ha annunciato domenica, ma anche il passo della Chiesa lungo la storia. Lo stesso Francesco ieri ha voluto sottolineare in una lettera ai 19 cardinali che saranno creati nel Concistoro del 22 febbraio come il loro nuovo e oggettivamente prestigioso status non sia né «promozione» né «onore» né «decorazione», ma «semplicemente un servizio» che prevede «la via dell’abbassamento e dell’umiltà».Al centro della lettera papale, un’espressione che non è solo di garbo umano: «per favore». È così, con l’atteggiamento più disarmato, che Francesco chiede ai primi cardinali del suo pontificato di ricevere la berretta «con un cuore semplice e umile». Lo dice come chiedesse una cortesia personale, segno di un’accoratezza nella quale c’è l’indicazione forte di uno stile che vale per tutti. Più che ai diretti interessati, per i quali parla il curriculum umano e pastorale, il messaggio sembra risuonare per tutti coloro che nelle nomine cardinalizie cercano sempre di leggere promozioni e bocciature, carriere al vertice e altre stroncate, ambizioni e invidie. Lo spirito della Chiesa di Bergoglio non è nel noir allestito a ogni Concistoro ma nel rosso porpora simbolo del servizio, dell’ultimo posto. Ed è soprattutto nel Sud del mondo che il Papa è andato a cercare i nuovi cardinali, indicando uno dei Paesi più poveri (Haiti) e un’isola tormentata dagli attacchi ai cristiani (Mindanano, nelle Filippine) come paradigma della voce che la Chiesa porta alla ribalta internazionale. Dato alla Curia romana solo ciò che le compete per dignità d’ufficio, la bussola di Pietro ha puntato sul pianeta globale senza badare a pronostici e leggi non scritte, indicando anche l’Italia per mostrare con Gualtiero Bassetti il profilo del pastore che cammina insieme alla sua gente. Al nostro Paese – che qualcuno ritiene "penalizzato" dalle scelte papali – ha donato anche le porpore del segretario di Stato Pietro Parolin, del prefetto della Congregazione per il clero Beniamino Stella e del segretario generale del Sinodo Lorenzo Baldisseri, ovvero alcune tra le figure che gli sono oggi più vicine e che per questo più sono chiamate a esprimere il senso del servizio. Ma è italiano anche il neo-cardinale scelto come trasparente richiamo al Vaticano II, il segretario di Giovanni XXIII Loris Capovilla, che il Concilio non solo vide celebrare ma assai prima nascere nel cuore di Roncalli. Per la Chiesa italiana, una gioia e una responsabilità. Proprio nei nomi del più anziano – Capovilla, 98 anni – e del più giovane dell’elenco – l’haitiano Langlois, 55enne – c’è la sintesi del messaggio che giunge da queste prime nomine bergogliane: la Chiesa di oggi vive dentro un cammino storico che non conosce "rivoluzioni" ma passi decisi lungo una mappa che si va chiarendo e che la porta a incontrare l’uomo così com’è in ogni sua "periferia". È libera, perché serve.
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