Colletta alimentare: gesti che hanno volto
venerdì 25 novembre 2016

L’albero del bene cresce davanti ai supermercati. Le sue radici si allungano nell’Italia profonda, i rami e le foglie hanno i volti di tanta gente sconosciuta che anche in tempi di crisi tiene aperte le porte del suo cuore. Domani saranno 140mila i volontari che animeranno la ventesima edizione della Colletta Alimentare, che l’anno scorso ha raccolto donazioni da 5 milioni e mezzo di persone, e tra di loro ci sono autentici tesori di umanità che merita raccontare almeno per sommi capi. A San Benedetto del Tronto, per raccogliere il cibo donato all’uscita dai supermercati, ci saranno anche alcuni sfollati da Accumoli e Amatrice, colpiti dal terremoto e ospitati negli alberghi della città. Lo stesso faranno a Perugia gruppi di terremotati di Norcia. Molti di loro hanno perso tutto, ma non la passione per l’umano.

A Milano parteciperanno membri delle comunità romena, cinese, ucraina e peruviana che hanno invitato decine di connazionali. In Emilia alcuni profughi che durante la settimana offrono tempo ed energie al magazzino del Banco Alimentare collaboreranno alla raccolta di viveri. È una catena virtuosa che non conosce confini etnici né religiosi: per la prima volta, a Milano e a Catania, rappresentanti del Banco Alimentare sono stati invitati a presentare l’iniziativa ai musulmani riuniti per la preghiera rituale e gli imam hanno esortato i confratelli a partecipare. «Questo gesto è come un filo di bene, e tanti fili fanno un grande tappeto, che anche noi vogliamo tessere insieme a voi», ha commentato il responsabile di una moschea. La Colletta si svolgerà anche in ventiquattro carceri, dove centinaia di detenuti offriranno qualche alimento che hanno in cella perché, come ha detto uno di loro, «questo ci aiuta a capire che anche noi siamo capaci di bene, non siamo ultimamente definiti dal male che abbiamo commesso».

A Venezia arriverà in treno come ogni anno dalla Germania Julian, un giovane tedesco che ha scoperto la Colletta mentre preparava la tesi di Architettura nella città lagunare, e che ogni volta porta con sé un po’ di amici. Guardando questa stupefacente galleria di volti, scopriamo migliaia di studenti, pensionati, casalinghe, lavoratori di ogni età e ceto sociale, gli alpini con le penne nere segno di una solidarietà che arriva ovunque, i volontari della San Vincenzo, delle Caritas parrocchiali, gli scout... Sono gli anelli di una grande catena che sabato si renderà manifesta davanti a 12mila supermercati, ma che ogni giorno opera lottando contro lo spreco alimentare e mettendo a disposizione cibo a 8.100 strutture caritative – mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà – che raggiungono più di un milione e mezzo di persone bisognose. È una delle pagine più belle della storia del nostro Paese, come ha esplicitamente riconosciuto il presidente Mattarella ricevendo mercoledì al Quirinale una delegazione del Banco Alimentare e sottolineando che l’Italia è un libro che ha molte pagine come questa.

Sfogliando il libro – troppo spesso dimenticato dal mainstream mediatico, che preferisce soffermarsi sulle estenuanti polemiche politiche o sugli immancabili protagonisti del gossip nostrano – si scopre una vivacità di iniziative a sfondo sociale, una umanità desiderosa di costruire, un tessuto connettivo che 'tiene' anche in tempi di crisi e che spesso fa da ammortizzatore rispetto alle carenze di un welfare in affanno. Si scopre che esiste ancora un popolo capace di costruire e di essere unito. Da dove nasce tutto ciò? Dalla tradizione cristiana che nei secoli ha fecondato la storia italiana, di cui il Banco Alimentare è un’espressione eloquente. E insieme, dal desiderio di bene che abita le profondità del cuore di ogni uomo e fa camminare insieme gente di differenti etnie e fedi religiose. Oggi più che mai il nostro Paese ha bisogno di testimoni del bene e di gesti di unità come questo, per vincere lo smarrimento e la tentazione della resa sempre in agguato nel travaglio che stiamo vivendo. E per alimentare una speranza capace di tenere in piedi l’esistenza.

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