Ci vogliono libri in tutti gli ospedali
domenica 22 dicembre 2019

Tra i trentadue cittadini cui il presidente Mattarella ha dato l’onorificenza al Merito della Repubblica ci sono due librai, il libraio che gira per Matera, casa per casa, col furgoncino che lui chiama 'bibliomotocarro', una specie di libreria mobile, e chiama gli abitanti a venire a vedere, sfogliare, comprare qualche libro, e l’ideatore della rassegna chiamata 'Dottor Libro', che consiste nell’esposizione e discussione di libri negli ospedali romani di San Camillo e San Giovanni. Sì, certo, il medico specializzato nella cura del cancro che va a spendere la sua cultura e la sua pratica in Africa, tra i malati che han bisogno di tutto e non ti possono dare niente, è semplicemente sublime. Ma per imitarlo occorre eroismo, e in giro non ce n’è tanto. Mentre l’idea dei libri in ospedale è semplice, perfino elementare, e stupisce che sia così poco praticata.

Molti anni fa contribuii a lanciarla dal supplemento-libri de 'La Stampa', e qualche ospedale rispose che l’avrebbe provata. La rilanciamo qui, oggi, visto che il libraio ospedaliero romano ce ne dà l’occasione, e il presidente della Repubblica l’ha colta al balzo. Penso a una libreria mobile, un carrello pieno di libri che alla sera, dopo la visita dei dottori e dopo la cena, passi per le stanze dei degenti e mostri i libri che possono scegliere. I libri possono stare sul fondo del carrello, a dorso in su. Il degente vede autore e titolo, pesca duetre libri, scorre la quarta di copertina, ne tiene uno, e poi se lo legge con calma. Negli ospedali molti letti hanno anche la lucetta individuale, che non disturba i letti vicini. I criteri con cui un malato sceglie un libro possono essere diversi, e non sempre onorevoli. C’è un ospedale nelle Marche che ha questa biblioteca volante, e un malato m’ha mandato un’email: aveva letto un mio libro e l’aveva scelto perché era breve. Non ne sono fiero. Ma anche quello è un criterio. L’ospedale stesso può stilare l’elenco dei libri da procurarsi, e se i criteri che adotta sono il valore letterario ma anche il valore umano, la forza consolatoria, gli insegnamenti, ben vengano questi criteri. Un paziente ricoverato che riceve una cura per la sua malattia ma anche qualche ragionamento sulla condizione umana, riceve due cure, e la seconda potenzia la prima.

A me piacerebbe che quando passano i medici per il controllo, paziente e medico discutessero non solo della terapia, come va, cosa fa, quanto durerà, ma anche di qualche libro, perché è interessante, cosa insegna di nuovo, perché è utile leggerlo. Il malato può imparare molto. Ma a volte anche il medico. Siamo tutti in transito su questa terra, e inquietum è il nostro cuore. Ci sono libri famosi e gloriosi, più volte ristampati, e ora disponibili in collane super-economiche, a meno di dieci euro la copia, dotarsi di un cofanetto di 15-20 titoli pescati in queste collane costa pochissimo, e per un ospedale sarebbe una spesetta redditizia: avrebbe un ritorno in reputazione. Non mi si dica che si temono i furti. I lettori di libri non rubano, e quelli che rubano, se diventano lettori, smettono di rubare. In un villaggio del Bellunese c’è una piazzetta con un armadietto di libri, aperto. Chi vuole può prendersene uno e portarselo via. Quando ha finito, lo riporta e ne prende un altro. Dopo dieci anni il sistema funziona ancora.

Non mi si dica che in ospedale non si ha voglia di leggere. È vero il contrario, lo star male spinge a farsi delle domande, e a cercare come han risposto gli altri. I libri son proprio questo: risposte che gli altri han dato alle nostre domande. Chi legge non perde tempo. Guadagna tempo. Un ospedale con libri è un ospedale completo. Senza libri, gli manca qualcosa. Qualche direttore, qualche ammini-stratore, qualche semplice medico di ospedale potrebbe adottare l’iniziativa. Me l’aspetto.

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