martedì 15 marzo 2011
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Stiamo entrando nel vivo delle celebrazioni dell’Unità d’Italia, e mentre lievita una riflessione intelligente sugli eventi dell’800, spicca la presenza attiva della Chiesa e dei suoi esponenti che dà forza e contenuto alla memoria collettiva. Cresce la consapevolezza che all’esito unitario contribuirono diverse componenti culturali, dal pensiero neoguelfo a quello liberale, ai filoni repubblicani, agli esponenti della tradizione letteraria e artistica. Si consolida la convinzione che l’unità politica è l’approdo di un cammino che ha dietro di sé secoli di storia religiosa, culturale e linguistica, comune che ha plasmato i caratteri e le virtù moderatrici degli italiani. La riflessione storica ci rende consapevoli che l’unificazione politica, sulla scia del pensiero di Massimo d’Azeglio, non è chiusa tra il 1848 e il 1870, ma si fonda sulla storia precedente e si rafforza in quella successiva con l’acquisizione del suffragio universale, l’estendersi dell’istruzione, l’integrazione di classi e realtà sociali e territoriali diverse tra loro. Prima dello Stato avevamo la nazione. Se Dante definiva l’Italia come «giardin dell’impero», Fëdor Dostoevskij ricorda nel 1877 che «l’Italia porta con sé da duemila anni un’idea grandiosa: l’idea di una unione generale dei popoli del mondo, che fu di Roma e poi dei papi», e che «il popolo italiano resta destinatario di un’idea universale». Per il filosofo russo Vladimir Solov’ëv, il respiro religioso della cultura e dell’arte fece sì che «fra tutti i popoli europei, il primo che raggiunse un’autocoscienza nazionale fu l’Italia».In questa prospettiva storica, la partecipazione della Chiesa alle celebrazioni unitarie ha uno speciale significato, perché il Risorgimento ha vissuto un rapporto difficile con il papato per la questione romana, e tuttavia (anche nelle divisioni) il cattolicesimo ha svolto un ruolo essenziale dall’Ottocento ai giorni nostri. Esso influisce sulla classe dirigente liberale che attua il programma di laicizzazione del Paese con una certa moderazione che non si rinviene altrove, a cominciare dalla Francia periodicamente immersa nell’estremismo. La maggior parte degli esponenti liberali evita di superare il confine di rottura con la Chiesa, convinta che il cemento più forte dell’identità italiana risiede nel sentire religioso che permea la vita e la coscienza della quasi totalità della popolazione. Un episodio curioso, sintomatico, è quello del 1860 quando s’impone al clero di cantare il Te Deum e sciogliere le campane a memoria dello Statuto Albertino del 1848. La pretesa è buffa e illiberale, ma riflette l’intima convinzione che uno Stato privo del canto e delle preghiere del suo popolo è povero e debole. Per statisti come Marco Minghetti, nella religione è la radice «dell’onesto vivere e dei più nobili sentimenti», mentre un politico aspro come Francesco Crispi riconosce che il cattolicesimo agisce, «ai fini della sua missione» per «l’educazione, l’insegnamento, la beneficenza, l’apostolato».Il contributo cattolico all’unificazione non viene meno dopo il conflitto del 1870, che Pio IX focalizza sui diritti di libertà della Chiesa, e che implica la negazione non dello Stato in sé ma della ferita recata ai diritti del Papa che governa i cattolici di tutto il mondo. Il nodo irrisolto della questione romana pesa fino al 1929, quando viene superato con il Trattato del Laterano, ma i cattolici da tempo sono cittadini veri, partecipi delle vicende nazionali. E lo sono sempre più dopo, con la partecipazione del clero alle sofferenza dell’Italia in guerra, il contributo alla stesura della Costituzione e alla direzione del nuovo Stato democratico. Per questo motivo, prima di divenire Papa, Giovanni B. Montini parla nel 1960 di un provvidenziale susseguirsi di eventi che ha donato grandezza all’Italia ed esaltato il ruolo universale del papato che ha le sue radici in Roma.Stiamo, quindi, celebrando una storia bella e grande nella quale sono esistiti, come per altri Stati, conflitti e divisioni, ma che dispone di una preziosità unica al mondo, il cordone ombelicale con il cattolicesimo e il papato che alimenta di continuo la nostra identità. Celebrare insieme l’unità politica dell’800 e l’identità della nazione italiana rafforza il ruolo svolto dal Risorgimento inserendolo in un orizzonte ricco di protagonisti che appartengono tutti alla nostra storia comune.
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