Canzoni tristi. Segni che interrogano. E ciò che va preso sul serio
sabato 25 febbraio 2023

Caro direttore,
torno su Sanremo. Mentre alcuni cantanti si esibivano sul palco del Festival, mi chiedevo se avessero una vita interiore, se certe croci tatuate sulla pelle avessero un significato che da spettatore non riesco a capire. Ho sentito dei testi tutto sommato tristi e non c’è da stare allegri dopo anni di pandemia, dopo quasi un anno di una guerra molto vicina, dentro una crisi della società che è davvero storica. Mi dispiace vedere – e spero sia solo finzione scenica – ragazzi e ragazze giovani che si focalizzano sulla tristezza, mentre a volte anche un cielo di nuvole basse ha dei raggi di sole ben visibili. Dietro. Caro direttore, questa tristezza nel mondo della canzone – vera o presunta – merita di essere sanata?

Marco Sostegni Vinci (Fi)


Amore nelle canzoni vecchie e nuove fa sempre rima con dolore e qualche volta persino con rancore. E fa rima anche con vita interiore, ma questa è una rima che non va solo fatta, va dimostrata (io, però, non mi azzardo nemmeno a pregiudicarla in persone che non conosco abbastanza da vicino e qualche volta neppure da lontano). Poi, naturalmente, amore fa rima con cuore, che può essere spezzato o tutto intero. E altre volte, forzando appena un po’, per facile assonanza, il dolore si specchia nel sole. Stilo questo breve e sommario elenco per confermarle, gentile e caro amico, ciò che lei sa già. E cioè che ci possono essere canzoni a triste senso unico, ma nel vocabolario della vita c’è molta più possibilità e più fantasia dei nostri scoramenti. Anche chi fa musica e scrive testi di canzoni lo sa e non dovrebbe scordarlo mai (le parole sono sempre semi, quelle cantate e cantabili in qualche modo di più). Per questo non mi piace considerare cosa da poco gli accenti di speranza e i toni giocosi che si sono sentiti pure tra gli echi tristi (o storti) risuonati in questo 2023 nella Città dei Fiori. Ma la sua domanda finale è più netta. E, visto che non mi piace svicolare, la risposta lo è altrettanto: ogni tristezza merita di essere presa sul serio, anche se questo non sempre basta a sanarla. Ammetto, infine, di stentare anch’io a capire i segni che sembrano perdere significato, perché pare non esserci relazione tra ciò che essi dicono e ciò che viene messo in scena da chi li usa, li porta, li indossa (persino tatuati sulla pelle). E però credo che un potente segno di benedizione, di dolore e di salvezza come la croce non sia mai stonato, a patto che non venga manipolato, stravolto, capovolto sino a trasformarlo in bandiera di battaglie odiose come purtroppo è successo nella storia, tradendo Cristo e crocifiggendolo di nuovo. Anche questo, in questo amaro tempo di guerra vicina, merita di essere preso sul serio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI