Cannabis e non solo, la buona battaglia va affrontata davvero in campo aperto
venerdì 29 luglio 2016
Caro direttore,
torno a scriverle in merito all’esaminando ddl per la legalizzazione dell’uso anche "ricreativo" della cannabis. Fermo restando il mio personale giudizio espressole in una mail, mesi fa, sulle possibili motivazioni dei 221 "onorevoli" (??) che lo hanno firmato, e sulla loro competenza in materia (????), che per l’asprezza dei termini non è stato pubblicato, ho trovato veramente interessante uno spunto fornito dall’intervista, sul tema, a Beatrice Lorenzin, ministra della Salute. Lorenzin sottolinea giustamente che la prevenzione deve iniziare presto «dalle elementari», elencando dati e valutazioni scientifiche che sono la base dell’impegno di tutti gli operatori che assistono coloro che sono vittime anche della cannabis. Ha colto due volte nel segno: non basta contrastare questo assurdo ddl punto per punto, cercando solo di smascherarne i rischi, le false convinzioni, la infondatezza scientifica, e bisogna iniziare l’opera educativa preventiva fin da molto presto, altrimenti si arriva quando la dipendenza è già iniziata. Non può bastare il solo "giocare in difesa", il fare barricate, il difendere l’esistente. Bisogna andare "all’attacco". Con un’espressione bergogliana, leggermente fuori contesto, direi dobbiamo andare "in uscita". Voglio dire che si deve cogliere l’occasione presentata da questo ddl assurdo, per creare i presupposti per fare sì che si ribalti la prospettiva: c’è chi vuole legalizzare la cannabis, bene, allora coloro che sono contrari propongano un altro ddl, che porti davvero a minare le basi della dipendenza, creando nei giovanissimi (fin dalle elementari appunto), la cultura e l’educazione verso una sana libertà da ciò che schiavizza (non solo le droghe, ma anche alcool, ludopatie, pornografia...). Dovrebbero diventare parte del curriculum di studi dei nostri bambini e adolescenti, lezioni, incontri e visite presso coloro che sono i veri esperti di queste dipendenze: coloro che ne sono state vittime , e ne sono usciti attraverso percorsi lunghi e dolorosi. Penso anche a famiglie toccate dalla perdita di qualche caro, disponibili a sublimare quel dolore per creare una coscienza più attenta nelle potenziali vittime di domani. Penso agli operatori dei Sert, delle varie Comunità di recupero (cristiane e no), a magistrati e forze dell’ordine impegnate nel contrasto al narcotraffico. Ma, prima di tutto, proprio a quelle persone che hanno provato sulla loro pelle cosa significhi essere schiavi di una sostanza che pensavano "fosse un gioco", e ne hanno sperimentato tutta la drammatica potenza distruttiva nel corpo, nell’anima, nelle relazioni. Per loro sarebbe certo un passo difficile, ma anche una straordinaria possibilità di poter trasformare una dolorosa pagina della loro storia in una occasione di donare "vita", di donare un’esperienza, di mettersi al servizio, di vedersi capaci di qualcosa di positivo. Sono questi i migliori testimonial dell’assurdità delle tesi dei nostri 221 "onorevoli". Ripeto: non restiamo solo sulle barricate, come invece si è fatto – ad esempio – con la legge sulle unioni civili, è necessario mettere in campo un ribaltamento di prospettiva per contrastare efficacemente questa deriva. Tantomeno condivido l’ottimismo del suo collega intervistatore Angelo Picariello (o forse della ministra intervistata?) nel ritenere che «l’estate porterà consiglio e di questa idea non se ne farà nulla»: i promotori del testo hanno portato nel campo filo-liberalizzazione più di 200 "onorevoli" sostenitori. Loro hanno già meditato tanto, e hanno le idee ben chiare! Questa estate porti invece chi – come Lorenzin – auspica il decadimento della proposta, a impegnarsi per ribaltare la prospettiva, per far sì che le dipendenze siano messe a nudo e si crei nelle scuole un educazione e una cultura che vada in direzione opposta.

Marco Montanari, Carugate



Sono d’accordo con lei quasi su tutto, caro signor Montanari. Ma soprattutto condivido la sua impostazione di fondo: la battaglia contro la droga e contro tutte le altre dipendenze, si affronta utilmente e si vince sul piano dell’esperienza concreta alternativa e liberante e, dunque, di una forte proposta educativo-culturale. Preferisco cento volte una miriade di lezioni di vita e di "flash mob", come si dice adesso, cioè di coinvolgenti iniziative nei luoghi di vita e di formazione delle persone e in particolare dei nostri ragazzi e ragazze, alle grandi mobilitazioni spersonalizzate (che, alcune volte, possono essere utili e, altre volte, possono diventare addirittura controproducenti). Da anni, non mi stanco di ripetere che non è saggio ingaggiare battaglie culturali "di trincea" o "di barricata", sempre logoranti e alla fine perdenti, e che sarebbe da autolesionisti e da persone senza speranza cedere alle spinte a chiudersi nei bunker delle certezze anti-droga o pro-famiglia o anti-mercatiste o, ancora, ambientaliste. La giusta dimensione per testimonianze non vane su tutti questi fronti è, infatti, il "campo aperto". Una visione e un’azione «in uscita», dice lei, adottando e adattando un’espressione programmatica tipica di papa Francesco, e non meramente "difensiva". Si tratta di scegliere e di perseguire il confronto senza reticenze, il dialogo senza furbizie, l’impegno senza riserve e la reale volontà di incontro con tutte le persone in buona fede e di buona volontà per l’affermazione di un umanesimo concreto che non si arrenda ad alcun processo di isolamento autoreferenziale, di strumentalizzazione, di schiavizzazione e di manipolazione dell’uomo e della donna. Grazie, dunque, per la sua passione e per averla "governata" con saggia efficacia. Non c’è bisogno di asprezze per essere chiari e lei, qui, lo dimostra molto bene.PS. Se la proposta di legge sulla coltivazione e l’uso "ricreativo" della cannabis si fermerà, sarà perché mancheranno i numeri in Parlamento. Forse persino alla Camera (dove pure si è organizzato un forte fronte trasversale a favore di quelle norme), certo al Senato. Non è questione di ottimismo, ma di realismo.

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