C'è un'ingiustizia «sospesa», soldi da ridare ai poveri
domenica 31 luglio 2022

Nei mesi che verranno l’inflazione farà sentire la stretta dei propri denti sulle carni. E non occorre l’opera di Giuseppe Ricca Salerno per avvertire l’ingiustizia sociale che da qui prende corpo. Beni e servizi costeranno sempre più. Non pensiamo a yachts, alle auto di lusso o a servizi a cinque stelle, ma alle cose piccole di tutti i giorni, quelle che ci appartengono, quelle funzionali alla vita dignitosa che ciascuno ha il diritto di vivere. Ai bisogni.

Il punto è questo. L’aumento indiscriminato dei prezzi genera un notevole, spontaneo maggior gettito fiscale soprattutto dall’imposizione indiretta. Ossia, da quei luoghi orizzontali dove sono assenti congegni di bilanciamento del dovere contributivo tra chi ha di più e chi ha di meno (criteri di riparto dell’imposta). L’extra gettito cagionato dall’inflazione, poiché nasce da fatti obbligati, essenziali e semplici del vivere quotidiano, implica un prelievo di ricchezza che non fa distinzione tra redditi e patrimoni. Tra 'attitudini contributive' dei singoli e delle famiglie, come avviene (in teoria) nell’imposizione sui redditi (con la rinomata progressività). Con l’aumento dei prezzi al consumo, viceversa, l’ablazione finirà per cadere sul patrimonio mentre incide senza rispetto gli ambiti esistenziali della persona (compressione di libertà); incide senza quella umanità che si compiace nella solidarietà e nell’uguaglianza e che concorre a qualificare il nostro sistema tributario (artt. 2, 3 e 53 Costituzione). Ricco e povero mangiano la pizza ma l’aumento del prezzo della pizza (costo più tributo), tuttavia, colpisce in modo esistenziale il povero, non il ricco.

Ora, poiché tale riscossione invisibile tende a formare un rilevante tesoro finanziario tra le mani del governo che verrà – osservatori istituzionali segnalano che potrebbe essere stimato attorno a qualche decina di miliardi di euro – vorremmo metterne in evidenza l’istanza silenziosa, morale che così emerge. Se, come illustrato, il tesoro fiscale si forma per vie ingiuste (è patito dai più deboli) è altresì vero che si tratta di una ingiustizia sospesa; un’ingiustizia che 'non è ancora'. Diverrà tale, cioè ingiustizia, solo se la finanza raccolta (l’extragettito) e il miglioramento di conti pubblici (disavanzo e debito) dovuto al gonfiarsi del denominatore del Pil in virtù dell’inflazione, non saranno utilizzati per ristorare il sacrificio dei ceti popolari.

È questa, però, una faccenda ben diversa dall’allocazione della spesa pubblica: l’una non deve mescolarsi nell’altra. Deve conservare la propria individualità per staccarsi in un atto restitutorio grande, appariscente, generalizzato, uguale e contrario, a beneficio delle categorie più colpite. All’ingiustizia sospesa della riscossione 'senza causa' spetta la giustizia della politica che verrà. L’uomo soffre il caldo, il freddo, la fame, la sete, l’insicurezza e la malattia ma, più di tutti, ci insegna il magistero sociale della Chiesa, soffre l’ingiustizia.

Professore di Diritto penale tributario dell’economia all’Università Europea di Roma

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