Basta slogan incendiari
sabato 6 agosto 2022

Non stupisce che l’immigrazione sia assurta rapidamente a tema incendiario della campagna elettorale ormai avviata: lo conferma la visita del leader leghista Matteo Salvini a Lampedusa, con le dichiarazioni lunari, ruvide e infiammate che l’hanno accompagnata. Il luogo, il momento e gli argomenti scelti in realtà già parlano di una scelta selettiva, focalizzata su quella componente dei fenomeni migratori – realtà ben più ampia e complessa – che spaventano una parte degli elettori e possono far sperare di capitalizzare un profitto elettorale. Le polemiche contro la ministra Luciana Lamorgese, additata come "responsabile" di un flusso di profughi che ha evidenti dimensioni mondiali, rientrano in questo assurdo schema.

È bene partire dai dati per chiarire i termini della questione. Sono 42.324 le persone che quest’anno sono sinora sbarcate sulle coste italiane in cerca di asilo. Un dato un po’ più alto di quello del 2021 alla stessa data (30.180), ma da porre in rapporto con uno scenario mondiale in cui i rifugiati hanno raggiunto la cifra di 100 milioni, secondo le stime dell’Unhcr: il picco massimo da quando esistono statistiche sistematiche. Non va mai dimenticato inoltre che altri Paesi della Ue accolgono più rifugiati di noi: nel 2021 la graduatoria delle prime domande di asilo (Eurostat) ha visto ancora una volta al primo posto la Germania (148.200), seguita dalla Francia (103.800) e dalla Spagna (62.100). L’Italia era quarta (43.900), davanti alla piccola Austria (36.700). È singolare come la narrazione vittimista di un’Italia subissata dai profughi a fronte di un’Europa indifferente continui a riscuotere un notevole successo, anche al di fuori del fronte sovranista. Nel 2022 è successo però anche qualcosa di nuovo. In Italia sono stati accolti generosamente oltre 140.000 rifugiati ucraini, su dieci milioni di persone in fuga (stimate): difficile fornire cifre più precise, perché una parte va, viene, si sposta verso altri Paesi europei. Inedito ed encomiabile il fatto che questo sforzo di accoglienza nel nostro Paese non abbia suscitato finora polemiche, né divisioni. Ma il confronto tra i due flussi, quello ucraino e quello che arriva dal mare, suscita una dolorosa riflessione: perché gli uni sono ben accetti e gli altri bollati come clandestini da respingere? Tra di loro troviamo persone che provengono dall’Afghanistan, dalle molte guerre africane, da feroci dittature e Paesi sull’orlo del collasso. La differenza di trattamento richiama le posizioni del leader ungherese Viktor Orbán: il rifiuto della «mescolanza di razze» e dell’eventualità di diventare «una popolazione incrociata».

In questo contesto, una questione più specifica riguarda Lampedusa: il centro di accoglienza della piccola isola è insistentemente sotto pressione a causa di arrivi che ne eccedono la capienza, anche di molto. Le navi che salvano le persone in mare potrebbero essere indirizzate verso altri porti, ma quando approdano a Lampedusa il trasferimento dei naufraghi verso altre destinazioni avviene nel giro di pochi giorni. Si potrà fare meglio, nella scelta dei porti di sbarco e nei tempi di ricollocazione. Ma sostenere che i profughi vengono trasferiti dall’isola perché arriva in visita un leader di partito, in questo caso Salvini, fa parte del repertorio propagandistico, non dell’analisi dei dati di realtà. Che non possono essere inceneriti da polemiche d’occasione. Non bisogna solo spegnere l’incendio dell’esagerazione e della propaganda, bisogna smettere di appiccarlo.

Se c’è una lezione da cogliere nella nuova polemica su (e da) Lampedusa, riguarda la necessità di uscire dalla percezione di un’emergenza permanente: dalla sponda Sud del Mediterraneo da anni arrivano dei profughi, come ne arrivano dalla rotta balcanica e di recente dall’Ucraina. La missione di un grande Paese democratico è quella di organizzare un’accoglienza responsabile e dignitosa, trasformandoli anche in risorsa per il proprio futuro.

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