Avere la cittadinanza fortuna da europei
sabato 5 maggio 2018

Caro direttore,

ora che un nuovo spettro si aggira per l’Europa, quello del nazionalismo, ci accorgiamo che l’Unione può camminare solo sulle gambe dei giovani. Le nuove generazioni hanno una forte individualità, ma anche un forte desiderio di partecipazione, che li spinge verso la collettività. Per questo occorre tornare a investire nei cittadini, anche riabilitando l’educazione civica nelle scuole medie superiori in una solida prospettiva europea. Bisogna aprire il campo a una generazione nuova, stimolarne l’interesse politico e fornirle gli strumenti necessari per capire le complessità del presente. L’iniziativa dell’associazione 'La Nuova Europa' al Ventotene Europa Festival, che avrà luogo dal 9 al 13 maggio prossimi, la relativa Scuola d’Europa che si va formando nell’isola del Manifesto federalista, e le tante altre iniziative in giro per l’Italia che mobilitano associazioni e persone, vanno in queste senso ma a poco servono senza il sostegno convinto delle istituzioni. Servono uomini e donne, a Roma e a Bruxelles, di buona volontà e in grado di diffondere i valori della solidarietà, della comunità e della solidarietà. Occorre un investimento, professionale ed economico, nella formazione delle giovani generazioni europee e questo non può che partire dai governi.

Lavorare sulla cittadinanza è l’architrave dell’integrazione comunitaria in un momento in cui la stessa idea di unione sembra essere andata in crisi. La cittadinanza è la base di qualsiasi società. Da sempre. Abbiamo studiato che ci sono almeno quattro modi di essere cittadini. Quello semplice, di Aristotele: per essere cittadini basta vivere nella città. Insomma lo ius soli, o meglio lo ius culturae, che darebbe un passaporto a 800.000 studenti di fatto 'apolidi' nelle nostre scuole, di cui si discute da tempo e per cui giornali come 'Avvenire' hanno fatto una campagna entusiasmante per la sua concretezza. Poi esiste il modello repubblicano di John Locke, dove il cittadino è tale quando stipula un contratto con lo Stato in cui cede poteri in cambio di servizi. Il terzo modello, quello dei rivoluzionari repubblicani, stabilì nel 1793 all’interno della Costituzione che si concedesse la cittadinanza a ogni straniero che avesse vissuto almeno un anno in Francia. Più recente la tesi di Jurgen Habermas, quella dell’autodeterminazione. Nella cittadinanza europea esistono un po’ tutti e quattro i modelli, per questo è la più bella e al tempo stesso la più complessa in natura. Reclamiamo il diritto di cittadinanza e al tempo tesso vorremmo estenderlo a chi arriva da altri confini con i dovuti distinguo e accorgimenti. All’interno dell’Unione Europea, dove proliferano gli effetti di disaggregazione, i privilegi dell’appartenenza politica spettano a tutti i cittadini degli Stati membri, anche se residenti in territori diversi da quelli della loro nazionalità. È accaduto che non solo le frontiere siano venute meno, ma che ci sia stata una cessione di sovranità straordinaria, un effetto che si dà ormai per scontato e che le giovani generazioni hanno direttamente introiettato nel loro Dna. Ma non era scritto che così fosse e non è detto che così sarà per sempre. I cittadini dell’Unione Europea possono votare e candidarsi in elezioni locali nei loro Paesi ospiti, in generale hanno anche diritto a un insieme equivalente di diritti e benefici sociali. La condizione dei cittadini di Paesi terzi che non appartengono all’Unione Europea è invece naturalmente differente. I rifugiati e i richiedenti asilo hanno diritto a certi tipi di cure mediche, in alcuni casi i loro figli possono andare a scuola. Gli immigrati senza documenti sono invece tagliati fuori da tanti diritti e benefici perché devono sottostare alle regole comunitarie e ai vincoli nazionali.

Il riconoscimento dei diritti non dipende quindi più dallo status di cittadino, o quanto meno non automaticamente. Basta essere uno dei 500 milioni di abitanti dell’Ue per avere la fortuna di dirsi cittadini. L’Europa, proprio ora che vive un’ondata di neonazionalismi, è quindi stretta in un corridoio, in un vero conflitto, tra sovranità e ospitalità. Solo governanti illuminati riusciranno a coniugare l’una e l’altra.

Presidente della Nuova Europa

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