sabato 5 dicembre 2015
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È opinione comune tra gli scienziati che l’aumento della temperatura del pianeta dovrebbe restare entro i 2 gradi di qui al 2100 per evitare disastri climatici non più reversibili. Se non interveniamo, l’aumento di temperatura andrà però ben oltre i 4 gradi. È questa la sfida drammatica che i Paesi riuniti alla conferenza internazionale sul clima di Parigi - dopo il fallimento di quella di Copenaghen - si trovano di fronte. La conferenza si apre in uno scenario nel quale le sollecitazioni al cambiamento dal basso e sui mercati sono forti. Alla vigilia di Cop21, decine di migliaia di persone in tutto il mondo hanno manifestato per rendere chiaro ai capi di governo che si aspettano da loro una svolta. L’enciclica di papa Francesco Laudato si’ ha sottolineato con estrema chiarezza che il problema del surriscaldamento globale e più in generale dell’inquinamento ha profonde e dirette ripercussioni su giustizia e dignità della persona (giustizia climatica) e sui rapporti Nord-Sud (debito climatico). E ha sollecitato con altrettanta chiarezza un passaggio dalle fonti fossili di energia alle fonti rinnovabili. Già da qualche mese il mondo della finanza sostenibile ha iniziato a votare col portafoglio sui mercati globali in questa direzione. Il Montreal Pledge è un cartello di fondi con masse amministrate pari a 3 trilioni di dollari che ha iniziato a misurare l’impronta di CO2 del proprio "portafoglio titoli" con l’obiettivo di ridurla progressivamente. Hanno già iniziato a farlo, disinvestendo dalle fonti fossili, il fondo pensione norvegese e i fondi di alcune grandi istituzioni universitarie mondiali. La società civile, la finanza etica e le Chiese che si stanno muovendo con decisione nella direzione giusta, chiedono alla politica un’azione incisiva per accelerare il cambiamento. Gli strumenti sono già tutti noti e vanno dai bonus fiscali e dalle norme per la rottamazione e il passaggio a prodotti più ecologici (nel settore delle caldaie a quello delle autovetture solo per fare due esempi) a meccanismi premiali che incentivino fiscalmente le scelte virtuose, facendo pagare il conto a chi non le fa senza aggravare il bilancio dello Stato. È la logica dei "conti energia" che esistono ormai in 64 giurisdizioni nel mondo e hanno avuto un ruolo fondamentale per la crescita delle fonti rinnovabili. Inoltre, sempre a costo zero per le finanze pubbliche, di grandissimo aiuto per l’azione dal basso di cittadini e fondi sarebbe l’obbligatorietà della rendicontazione in bilancio di indicatori di sostenibilità sociale e ambientale per le aziende così come già stabilisce in Francia la cosiddetta "Loi Grenelle" per le imprese sopra i 500 addetti. Un ruolo fondamentale spetta anche a noi cittadini e ai nostri stili di vita. Una grande multinazionale che produce la maggior parte dei prodotti per la casa ha già impianti a rifiuti zero in tutto il mondo, ma - sottolinea in una ricerca - che una parte fondamentale dello spreco di acqua dipende dalla somma di piccole abitudini quotidiane delle miliardi di persone del pianeta come quella, per chi può, di lasciare aperto il rubinetto mentre ci si lava i denti. Se l’azione combinata della società civile, della finanza etica, dei cittadini con il loro "voto col portafoglio" e i loro stili di vita, degli Stati e delle amministrazioni locali sarà abbastanza forte arriveremo al punto di svolta. Ovvero al punto in cui per le grandi imprese che hanno un ruolo cruciale in questi settori indirizzare scelte e politiche d’innovazione verso la sostenibilità diventerà la via più conveniente. Questa rivoluzione dunque non è "contro" le grandi aziende che si occupano di energia, ma a loro favore. La sfida per tutti è che la combinazione di interventi pubblici e dal basso renda la responsabilità ambientale economicamente conveniente e la via meno rischiosa per le strategie correnti e i sentieri di ricerca futura delle imprese. Il traguardo è quello di un sistema economico circolare a impatto zero e a rifiuti zero nel quale di fronte ad un oggetto ci interrogheremo su cosa lo stesso sia stato nelle sue vite passate. E proprio dalla riconversione verde dei processi produttivi e dei prodotti può e deve arrivare nel prossimo futuro una spinta decisiva alla creazione di valore economico e di posti di lavoro nell’economia globale.
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