giovedì 15 agosto 2013
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D’accordo, non sarà come se la Gioconda non fosse di Leonardo, ma fa comunque un bell’effetto. E a poco serve sapere che, in musica, dal XVII secolo esiste il termine «rubato». Che nulla c’entra con i «furti» di Mozart delle partiture di Anfossi o quelli di Wagner nei confronti di Liszt; o con quelli ben più recenti di Michael Jackson di un brano di Al Bano. 
Come recita la Treccani: «Il rubato, in musica e nel canto, è un movimento condotto con una certa libertà». Come spesso accade nella nostra lingua, basta un cambio di vocale a stravolgere tutto. Per passare da un «rubato» musicale a della musica «rubata». Il furto in questione riguarda la canzone, ancora oggi, più eseguita nel mondo. Non c’è giorno, infatti, che in una famiglia o in un gruppo di amici non si canti Tanti auguri a te. Tutti la sanno. E persino nella sua versione originale: Happy Birthday to you / Happy Birthday to you. Un record che le è valso un posto nel Guinness dei primati come «brano anglofono più conosciuto nel mondo».
La conosce bene anche la regista Jennifer Nelson, che ha deciso di realizzare un documentario proprio sull’origine di questo brano universale. La storia che ha trovato è davvero da film. Tutto ha inizio nell’inverno 1892-1893. Le sorelle Mildred e Patty Hill, maestre d’asilo con la passione per la musica, scrivono la canzoncina Good Morning to All, cioè «Buongiorno a tutti», per farla cantare ai bambini dell’asilo. Il testo è immediato, la melodia pure. Provate a canticchiarvela in testa, sulle note di Tanti auguri a te: «Good morning to you / Good morning to you / Good morning, dear children / Good morning to all» («Buongiorno a te, buongiorno a te / Buongiorno, cari bambini / Buongiorno a tutti»).
Otto anni dopo, nel 1901, su due giornali che si occupano di educazione – l’Indiana School Journal e l’Inland Educator – si racconta di un brano, Happy Birthday to You ( Tanti auguri a te), che ha la stessa melodia di Good morning to all. Nessuno però sembra sapere di chi sia il nuovo testo. Dieci anni dopo, nel 1911, appare dal nulla il testo «ufficiale» di Happy Birthday to You, senza però includere eventuali crediti. Così, le sorelle Hill vengono emarginate da tutti i possibili guadagni. Per altri 24 anni sembra andare tutto liscio. Poi, nuovo colpo di scena: nel 1935, la Società Summy registra i diritti della canzone Happy Birthday, accreditando come «nuovi» e «veri» autori il pianista Preston Ware Orem e la signora RR Forman. È la stessa società che aveva originariamente pubblicato Buongiorno a tutti , la canzone delle sorelle Hill. Difficile dire se sia una giusta rivincita o un atto al limite dell’illegalità.
Ma tant’è: da quel momento il tesoro (perché di tesoro si tratta) diventa «di diritto» alla società Summy. Il tempo passa e, si sa, dopo decenni le canzoni diventano di diritto pubblico. Cioè di tutti. Stavolta no. Nel 1988, ben 53 anni dopo, la multinazionale Warner/Chappell compra per 25 milioni di dollari i diritti di Happy Birthday , ben sapendo che il brano rende milioni ogni anno. Già, ma chi paga per cantare oggi Tanti auguri a te? In Europa (sembra) nessuno. In America, ancora tanti. Chi la usa in film, show tv, radio o esecuzioni pubbliche deve pagare i diritti d’autore. Chi la canta a un amico al ristorante, cioè in luogo pubblico, deve pagare. Sono esentate le riunioni di famiglia o con gli amici, se si svolgono non in luoghi pubblici e solo se a cantare il brano non è un membro esterno al gruppo, altrimenti si deve pagare.
Alla regista Jennifer Nelson hanno chiesto 1.500 dollari per inserirla nel suo documentario. Lei è andata su tutte le furie e ha promosso una class action per rendere di pubblico dominio Happy Birthday To You. La decisione in merito spetta al tribunale di New York. Ma resta il fatto che per decenni parecchie persone si sono arricchite con Tanti auguri a te, senza averne alcun diritto. Secondo il professore di diritto Robert Brauneis, persino le sorelle Hill avevano le loro colpe: «La melodia della canzone è stata probabilmente presa in prestito da altre canzoni popolari del tempo, e le liriche sono state altrettanto probabilmente inventate da alcuni loro alunni, di cinque o sei anni». Chissà cos’hanno provato per tutta la vita quei bambini quando sentivano Happy Birthday To You.
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