mercoledì 19 giugno 2013
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​«Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, incappò nei briganti che lo lasciarono mezzo morto…». Alcuni passanti lo videro e tirarono dritto, uno solo si fermò a soccorrerlo. Ma, chiunque tu sia, anche se non hai commesso il misfatto, hai pur sempre la responsabilità di fermarti per lenire le sofferenze altrui. Credo di avere, in quanto prete campano, il dovere di continuare a gridare agli italiani il dolore immenso, la paura, la rabbia cui sono sottoposti da anni gli abitanti della "terra dei fuochi".

A Casalnuovo, nel Napoletano, pochi giorni fa si sono svolti i funerali del piccolo Antonio. Aveva solo nove anni. Inutile dire da quale morbo sia stato colpito. Intanto la mamma di una stupenda tredicenne, Delia, scrive sulla pagina Facebook, da noi creata per raccogliere storie e foto delle "vittime del triangolo della morte": «Oggi a scuola hanno inaugurato una biblioteca in tuo onore, Delia. Mi hanno consegnato il diploma per te e raccontato della tua tenacia e forza d’animo che neppure la malattia è riuscita a spegnere. Non è giusto. Nella biblioteca avresti dovuto studiare, nutrire la tua sete di conoscenza insaziabile. Il diploma avresti dovuto conquistarlo tu, che odiavi quando ti veniva regalato qualcosa perché dovevi sempre sentirti meritevole e fiera. Se penso che qualcuno ti ha strappato via il futuro, che ti hanno tolto anche il diritto a respirare, mi assale una rabbia… Tu volevi studiare tanto, volevi diventare dottoressa perché volevi scoprire nuove cure per salvare la vita dei bimbi malati. Ironia della sorte, ti sei ammalata tu e nessuno ha saputo salvarti. A me resta un dolore immane, inimmaginabile e il ricordo della promessa che ti ho fatto, quando mi hai chiesto tre giorni prima di volare via: "Mamma mi aiuti a cambiare il mondo?". E io voglio mantenere la promessa. Per questo parlo qui di te, pubblico le tue foto, sperando che tu da lassù mi veda e sia felice che qualcuno – tanti per fortuna – dà voce a te e a tanti altri angeli che volevano solo diventare grandi... Ti amo all’infinito. La tua mamma».Un lettore di Avvenire, da Udine, giorni fa ha scritto al direttore: «… ciò che è avvenuto e avviene nella "terra dei fuochi" è un vero e proprio sabotaggio contro l’Italia… se ci fosse il pericolo di un attentato, subito interverrebbero per proteggere i punti a rischio. E questo che succede in Campania non è forse un attentato, con bombe pestifere, a deflagrazione ritardata?». Mercoledì, a termine di una concelebrazione, una donna si è avvicinata al vescovo di Aversa, Angelo Spinillo, e, piangendo, gli ha sussurrato che suo figlio, operato di tumore, è costretto ogni notte a respirare i miasmi velenosi che si sprigionano da montagne di ritagli di stoffe che, regolarmente, all’alba, vengono bruciati a poca distanza da casa sua. Intanto, le speranze accumulate in attesa dei processi per i reati ambientali, vanno lasciando di volta in volta il passo a una amarezza senza fine.Successe già con il processo Cassiopea, dove la prescrizione rimandò a casa tutti, colpevoli e no. Tutti liberi. Tutto prescritto. Tutto come prima. Abbiamo scherzato. Perdete ogni speranza. Incredibile. Orripilante. Fu poi la volta del processo "Carosello ultimo atto", contro gli inquinatori di Acerra. Anche qui la maggior parte dei reati era già caduta come foglie gialle al soffio dei primi venti. Nonostante la buona volontà, la preparazione, la caparbietà del pubblico ministero, Cristina Ribera, si era arrivati tardi. Prescrizione. Termine che odiamo. Adesso sta accadendo con il maxi processo per il disastro rifiuti in Campania. Il 10 giugno, il pubblico ministero, Paolo Sirleo, dopo 20 ore di requisitoria, all’udienza del maxiprocesso per il disastro dei rifiuti in Campania ha detto: «Ritengo che Antonio Bassolino abbia concorso alla perpetrazione dei reati, ma si chiede la pronuncia di prescrizione per tutti i capi di imputazione a lui attribuiti». E così per altri 19 imputati. Arrivederci e grazie? Le cose stanno così, purtroppo. Ma noi non possiamo né tacere né scappare via. Il nostro posto è qua. A sostenere e consolare chi, per colpa di coloro che riescono a farla in barba allo Stato e alle sue leggi – si ammala, soffre e muore. Resteremo. Almeno fino a quando non verrà il nostro turno.

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