venerdì 28 luglio 2017
Un gruppo di amministratori scommette sulle antiche tradizioni e sull'accoglienza e i giovani tornano a vivere alle falde del Monviso
Una veduta del borgo di Ostana (Cuneo)

Una veduta del borgo di Ostana (Cuneo)

COMMENTA E CONDIVIDI

Gli ultimi arrivati non parlano l’occitano come gli altri montanari, bensì un oscuro dialetto urdu. «Sono pakistani e si stanno integrando. Li abbiamo accolti e presto inizieranno a lavorare, come prevede la legge. Ho già chiesto altri quattro profughi: visto che lo Stato non tira fuori una lira per la manutenzione delle strade, ci aiuteranno loro». Giacomo Lombardo è il sindaco di Ostana (Cuneo) (le videointerviste nel nostro canale Youtube). Discende da un’antica famiglia di conti ma nelle sue vene scorre sangue aclista; è diventato un manager ma i suoi maestri erano i preti operai di piazza Statuto; ha girato il mondo, ma come tutti gli emigrati, che lasciavano questo nido di pietre e boschi per fare i feramieu al Balon, è sempre tornato a casa. Tuttavia, diversamente dai suoi concittadini, che si fecero rigattieri per non perdersi nella Torino operaia che odorava di pummarola e lotta di classe, Giacomo è tornato sulle montagne per restarci. Sfidando la durezza delle Cozie, dove gli inverni sono lunghi e la terra avara: non per nulla, negli anni Ottanta, gli abitanti di Ostana erano rimasti in cinque, quando, un secolo prima, raggiungevano quota 1.200.

«Le due guerre hanno falcidiato le famiglie – commenta il primo cittadino – e la Fiat ha completato l’opera. Offriva una vita più comoda, il salario, la pensione. E la 600 con cui tornare qui la domenica». L’alta valle del Po è sempre stata una terra di partenti, ma prima si tornava sempre a casa. Si partiva per le lontane Americhe (pochi) o per la Francia (molti). Attraversavano il “buco di Viso” – il primo traforo scavato sotto il Monviso fu realizzato nel 1480 per non scalare il colle delle Traversette –, e facevano ritorno in primavera; c’era il fieno da tagliare. Fino agli anni Settanta, quando nessuno ricordava più che bouligar nella lingua d’Oc significa 'darsi da fare'. E comunque, in occitano non c’è un termine per chiamare lo sciopero.

Oggi questa valle cuneese è il paradiso degli escursionisti e il Comune intende diventare “il borgo dell’accoglienza”. Ci crede il sindacoconte, che ai leghisti locali ricorda sornione: «Ho lavorato alla Grandi Motori della Fiat e sono rimasto quello che ero». Giacomo Lombardo è tutt’altro che un visionario o un orfano dei massimalismi del passato torinese: ha moltiplicato per otto i residenti del piccolissimo comune piemontese perché ha saputo sfruttare tutte le pieghe della politica e delle leggi, dei bandi e del mercato. È merito suo se adesso a Ostana vivono stabilmente in 45, molti dei quali giovani, senza considerare i turisti che nella bella stagione popolano le baite ristrutturate. Infatti, il predecessore di Lombardo era piuttosto parco nelle concessioni edilizie mentre il sindacoconte pone una sola condizione: che si riparino gli immobili conservando lo stile occitano. «Tan m’abellis vostre cortes deman, qu’ieu no me puesc ni voill a vos cobrire. Ieu sui Arnaut, que plor e vau cantan…» ( Tanto mi piace la vostra cortese domanda, che non mi posso né voglio nascondere a voi. Io sono Arnaut che piango e vado cantando…). Il primo cittadino recita i versi della Divina Commedia d’un fiato, come avrebbe fatto Arnaut Daniel, il trovatore che poetava in lingua d’oc. Ha dedicato una decina d’anni a studiare e a promuovere questa cultura - riconosciuta dalla legge 482 che da secoli si contende le Alpi con il franco-provenzale; ha fatto della croce di Tolosa un brand turistico e un richiamo identitario, riuscendo a ripopolare i boschi e i prati che da Paesana salgono a Crissolo. Tutto è iniziato con l’acquisto e il recupero architettonico di Lou Pourtoun, un complesso di baite diroccate in località S. Antonio: adesso, ogni estate, vi si tiene il premio Ostana, che riunisce gli scrittori in lingua madre di tutte le nazioni. Qui ha sede la scuola di cinema di Fredo Valla: non è l’unico intellettuale che ha scelto Ostana, ammessa dal 2009 nell’esclusivo club dei borghi più belli d’Italia, visto che il tedesco Tobias Luthe, docente dell’Università di Coira in scienze della sostenibilità, ha appena acquistato la frazione di Serre Lamboi. Che sembrano solo pietre coperte dai rovi, ma lui sta lavorando per crearvi la sede del Monviso Institute, un innovativo centro di ricerca sull’ecologia che porterà l’immagine del “re di pietra” nel mondo.

Il ripopolamento di Ostana non è una moda da vip. Negli ultimi anni sono spuntati agriturismi e b&b, hanno messo su casa i ragazzi del rifugio Galaberna – «ce n’erano di più quando si potevano usare i voucher» mugugna il primo cittadino – e si sono stabiliti qui imprenditori in erba come Serena Giraudo. A 24 anni, fresca di laurea in botanica, ha aperto un’azienda agricola di ortofrutta; per ora si spacca la schiena a coltivare piselli e lamponi, ma sogna un’azienda di conserve tutta sua. Un gruppo di giovani ingegneri torinesi, che negli anni scorsi ha lanciato una start up nel settore della depurazione delle acque, ha deciso che si lavora meglio a milleduecento metri e ha comprato le meire in pietra di Ambornetti. Il quartier generale sorgerà in mezzo ai maggiociondoli. I nuovi occitani (che sulla carta sono 85, ma Lombardo conteggia i 'dormienti', cioè quelli che effettivamente dormono nel Comune) danno corpo a una tendenza che qualche anno fa sembrava impossibile: «Ho accompagnato centinaia di amici al cimitero e gli altri si erano trasferiti a Torino» racconta don Luigi Destre. Classe 1935, alpinista (più di 120 ascensioni sul Monviso) e per 25 anni presidente del soccorso alpino, il prevosto di Ostana è ancora in servizio. Non condanna chi se n’è andato: «Per abitare in montagna bisognava accontentarsi. Fino a qualche decennio fa, quando visitavo i parrocchiani dovevo entrare in casa camminando all’indietro, perché la porta e il soffitto erano bassi. Le baite erano fatte per contenere la roba e gli animali. Si dormiva nel fienile».

Sul balcone del Monviso gli anni sono trascorsi come se fossero secoli: «Inizialmente il rilancio è stato facile – confessa Lombardo – perché potevamo contare su finanziamenti pubblici con i quali supportare l’iniziativa privata. Da qualche tempo le risorse sono calate e si procede più lentamente. Il nostro ruolo adesso è quello di facilitare gli investimenti, convincendo anche i vecchi proprietari a cedere le vecchie case a chi vuole scommettere sulla montagna». Quest’amministrazione comunale non fatica ad aggiudicarsi i bandi – l’ultimo è quello dei cento campanili, con cui sarà finanziata una beauty farm - ma si scontra con i problemi di tutti gli enti locali. Ogni anno trasferisce 250mila euro di gettito irpef e ne riceve 27mila dallo Stato. Non può permettersi un netturbino – il “giro delle cicche” lo fanno gli amministratori comunali – e la voce di bilancio più pesante è il gasolio per lo spazzaneve. Ampi tratti della rete viaria sono privi di protezioni, il manto stradale non è un granché… «Vogliono stufarci e convincerci che è meglio fondersi – commenta Lombardo –, ma a Roma non sanno come si amministra un territorio; non basta fondere per risparmiare, le strade non si aboliscono con un tratto di penna, l’immondizia va raccolta, i servizi di polizia locale vanno assicurati…».

Si registra anche qui il tipico malessere delle aree interne, lontane dalle vie di comunicazione e penalizzate dalla razionalizzazione dei servizi pubblici, dove tremila piccoli comuni, come ha riconosciuto Mattarella, «amministrano oltre il 50% del territorio nazionale, con 10 milioni di abitanti e un patrimonio ambientale, produttivo, culturale di valore inestimabile, decisivo per l’intero Paese». La loro rinascita rappresenta «una grande questione nazionale» ma quello di Ostana, sottolinea l’Anci, non è un caso isolato: negli ultimi sette anni, 581 piccoli comuni (201 nelle aree interne) hanno fatto registrare un incremento medio di popolazione del 9%, cioè un valore molto più alto della media dei comuni con più di 5.000 abitanti, che è dell’1,53%. In queste realtà, la popolazione straniera è più presente e il reddito imponibile medio è cresciuto più che altrove. Quest’anno l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani ha varato un’agenda “controesodo” fatta di semplificazione burocratica e incentivi alle aree che «producono esternalità positive». Una politica meno condizionata dalla dimensione demografica e più attenta ai fattori di deprivazione economica e sociale dovrebbe aiutare sindaci come Lombardo, per quanto il successo di Ostana non dipenda solo dai fondi pubblici che l’amministrazione comunale è riuscita a drenare, ma dalla politica urbanistica che ha scelto e da precise scelte di sussidiarietà economica. Come tiene a precisare il sindaco-conte, infatti, «qui il Comune promuove e investe nelle strutture, ma non gestisce le attività, in quanto spetta al privato darsi da fare per creare ricchezza e sviluppo sul territorio». Bouligar, appunto.

PICCOLA GRANDE ITALIA. Le altre puntate:

Busalla (Genova) L'infermiera che «salva» gli anziani della Liguria

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI