sabato 19 novembre 2011
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Un primo importante risultato è stato raggiunto. L’Italia ha un Governo, sostenuto da ampia base parlamentare, apprezzato per la sua composizione e i suoi intendimenti, possiamo tirare un sospiro di sollievo per aver evitato fratture traumatiche, il rischio di altri mesi di paralisi. Ora, però, tocca a ciascuno di noi fare qualcosa per aiutarlo nella sua opera, perché l’errore più grande sarebbe quello di credere che a Mario Monti e ai suoi ministri spetti risolvere la crisi economica, mettere a posto i conti, in mo­do che si chiuda una parentesi fatta di paure ed angosce, e tutto possa tornare come prima. Una prospettiva del genere è illuso­ria, prima che impraticabile, dal momento che la crisi degli ulti­mi anni ha carattere epocale e ha sconvolto l’orizzonte nel qua­le eravamo abituati a muoverci, ha fatto incrinare il primato del­la politica sulle grandi scelte economiche, ci ha brutalmente det­to che si stanno alterando i rapporti tra le economie del pianeta.Per aiutare Monti a governare, occorre un cambiamento di men­talità complessivo. Si può, e si deve, protestare per interferenze di altri Paesi o entità internazionali che feriscono l’Italia, ma oc­corre prendere atto che quando l’interdipendenza tra le econo­mie è prolungata, estesa quasi quanto lo è il mondo, allora tocca a noi cambiare registro, saper adeguare il nostro stile di vita alle possibilità reali, mettere in campo proposte che salvaguardino gli equilibri tra le generazioni, tutelino i soggetti più colpiti dalla cri­si. È giusto chiedere al governo che i sacrifici siano distribuiti con equità, ma a patto che nessuno si tiri indietro, o ponga dei veti sui grandi temi sul tappeto, i costi della politica, l’età pensionabile, la flessibilità del lavoro, una giusta valorizzazione (anche fiscale) della famiglia, e via di seguito.La pacatezza del programma di Monti non deve trarre in ingan­no perché non nasconde che è chiamata in causa la strutturazione corporativa della società consolidatasi nei decenni scorsi. E so­no chiamati in causa i partiti, i sindacati, le forze economiche, che devono fare ciascuno la propria parte, ponendo fine all’estenuante ostruzionismo sociale praticato da tempo verso ogni tipo di go­verno. Le condizioni per cambiare davvero oggi ci sono, ma al bene comune devono contribuire tutti, senza alcuna eccezione; e l’amplissima maggioranza parlamentare di cui fruisce l’esecu­tivo non può essere interpretata come una tregua per poter rico­minciare daccapo di qui a pochi mesi, ma come l’occasione per una riflessione collettiva.Però, il Governo Monti offre la possibilità per un altro cambia­mento, che riguarda la nostra concezione della politica, della con­vivenza civile, dell’informazione, da tempo intossicate con dosi di veleno non più sopportabili. Anche questa concezione ha con­tribuito all’acuirsi della crisi perché ha diviso la società e gli ani­mi, ha tolto agli italiani capacità di lavorare insieme, ha eroso u­na coesione morale indispensabile per superare le grandi difficoltà. Quel dilaniarsi per anni in una logica di amico-nemico, nella qua­le si colpisce e demonizza ogni cosa, con una critica così martel­lante da perdere credibilità, ci ha come svuotati dall’interno, ha minato la capacità di guardare ai problemi veri, di impegnarci per risolverli, ha introdotto elementi di patologia nel sistema demo­cratico. Svelenire la convivenza civile oggi è diventato necessario per la stessa governabilità, e per guardare con fiducia al futuro.Speriamo i tanti, forse tutti, nel tramonto di una concezione po­litica che affida ogni cosa nelle mani di una persona, dotata di ca­pacità taumaturgiche, o ignora quei tratti di nobiltà e moralità che devono caratterizzare chi governa le istituzioni. Ma dobbiamo anche impegnarci per un’informazione che ritrovi un ruolo di vo­ce della democrazia e della società, senza umiliarsi a scrutare fin negli interstizi della vita delle persone, offendendo verità e deco­ro, con un degrado quasi senza fine. Evitando la retorica, Mario Monti ha richiamato con convinzio­ne il ruolo dei giovani, e delle donne, denunciandone le sofferenze e la marginalità sociale. Soprattutto per i giovani, la riconquista della dignità della politica, liberata dalla faziosità e dall’opportu­nismo, costituirebbe un primo formidabile incentivo per una lo­ro nuova partecipazione alla vita collettiva, che unisca entusia­smo e voglia di fare, idealità e razionalità. Sono questi gli ingre­dienti necessari per una società che si impegni a favore del bene comune, a cominciare dal sostegno ai più deboli.
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