Ancora sul dovere di “aver giudizio”, ma senza nutrire pregiudizi
sabato 11 marzo 2023

Caro direttore,

sono rimasto colpito dalla lettera di un lettore di Modena nella quale vi “accusava” di «condiscendenza» verso il governo Meloni e di ignorare alcune derive “fasciste” della maggioranza attuale. A me è scappato da ridere: stavo infatti pensando di scriverle per “accusarvi” di scarsa attenzione per l’esecutivo in carica! Premesso che non sono iscritto ad alcun partito e che ho sempre cercato di pensare con la mia testa, e non con quella degli altri, mi misuro anche qui con alcune domande, dandomi anche delle risposte. 1) Esiste veramente in Italia il pericolo fascista? Risposta: assolutamente no. Esistono teste calde che possono provare nostalgia per quei tempi, ma il fascismo, come praticamente tutte le dittature di destra che muoiono con i loro fondatori (cito a memoria: Hitler, Mussolini, Franco, Pinochet, etc.) non presenta alcun pericolo di rinascita, mentre quelle comuniste si perpetuano (cito: Unione Sovietica fino all'implosione, ma che sta riemergendo con Putin, e non si dica che non è vero, Cina, Corea del Nord, Venezuela, Cuba, etc.). 2) La sinistra in Italia ha altri argomenti politici che non siano l'antifascismo? Purtroppo, non mi sembra: ha iniziato una deriva ideologica basata su aborto, gender, matrimoni e adozioni gay, eutanasia, etc. chiamandoli “diritti” e dimenticandosi della realtà della gente comune, nonché del fatto che nella convivenza tra le persone esistono anche i doveri. 3) Legata alla questione precedente: a 78 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, ha ancora senso che sussista una Associazione di partigiani che, fra l'altro, cerca da sempre di attribuire unicamente alla propria parte (comunista) il merito della vittoria contro i nazifascisti? Ovviamente no. È certamente necessario mantenere vivo il ricordo degli orrori della guerra, ma anche non dimenticare che senza l'apporto e il fondamentale contributo di americani, inglesi e polacchi avremmo senz'altro dovuto soccombere e magari ritrovarci nel blocco sovietico... Termino qui per non annoiarla troppo.

Paolo A., Bologna

Lei, caro amico, mette insieme tanti argomenti diversi e stimolanti. La ringrazio per la sua sorridente rinuncia ad “accusarci” e rispetto il suo dubbio sull’opportunità di firmare per esteso le riflessioni che ha condiviso con me. Innanzi tutto, però, non posso che confermare quello che avevo scritto in dialogo con il lettore di Modena (leggi qui) e, dunque, le ragioni della linea di “Avvenire”: non ho, e non abbiamo, pregiudizi nei confronti di nessuno, ci impegniamo a fare cronache serene e aderenti ai fatti e, quando è necessario, sentiamo il dovere di formulare nei nostri commenti giudizi documentati sulle scelte politiche e di governo di chiunque. Cerchiamo insomma di “aver giudizio”... Quanto ai due principali temi che lei affronta, fascismo e comunismo neosovietico, credo che sarebbe disperante se questi fossero davvero i due poli della tensione che attraversa il mondo... Non siamo a questo, ma non per questo – come si vede – siamo in pace. Personalmente, comunque, spero che non ci sia un “pericolo fascista”, senza però nutrire la sua assoluta certezza, perché mi interroga e mi inquieta da anni l’insorgenza tutto intorno a noi, e persino nelle nostre società europee, di nuovi-vecchi movimenti nazionalisti e di proposte politiche “illiberali” che rivendicano apertamente di esserlo, dichiarandosi di destra. So anche – e in questo dissento da lei – che Vladimir Putin è un riferimento e, in ogni caso, un interlocutore importante non per tutti, ma per tanti di questi movimenti e di chi coltiva quelle teorie (e pratiche). Mi inquieta altrettanto l’illibertà che segna società guidate da partiti unici (o totalitariamente dominanti) che si dichiarano di sinistra: ai casi da lei citati aggiungo la vicenda, lancinante, del Nicaragua. Infine, due risposte rapide. Sulla sinistra “dirittista”, penso anch’io che la sinistra dovrebbe sapersi occupare della vita di quella che lei chiama “gente comune” e dovrebbe saper vedere meglio l’esito di derive umanamente rischiose e persino disastrose che l’individualismo assoluto genera. Sulla memoria e il (rinnovato) associazionismo legati alla Resistenza partigiana, penso che rappresentino una radice forte della nostra democrazia repubblicana, non l’unica ma preziosa ed essenziale.

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