giovedì 6 dicembre 2012
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Accrescere l’aiuto a chi è in difficoltà, sicuramen­te. Raddoppiare la dose di solidarietà, certo. Adottare uno stile sobrio per non offendere chi è in condizioni di bisogno, giusto. Ma poi come andrebbero vissute queste feste sul piano dei consumi? Non c’è forse il rischio che un’eccessiva prudenza e l’ansia da crisi opprimente finiscano per deprimere ancora di più una situazione già altamente critica? Con ricadute negative immediate sull’occupazione di interi settori, chiusure di negozi e attività familiari ridotte sul lastrico.  Potrebbe sembrare paradossale, ma i fortunati che in questa tempesta perfetta non hanno visto spazzato via il loro posto di lavoro, coloro che hanno conservato, più o meno intatti, i redditi, dovrebbero continuare a spendere per i regali natalizi. Forse persino aumentare un po’ la spesa per aiutare indirettamente altri lavoratori a rischio. Non è certo l’invito a un consumismo sfrenato e nemmeno si vuol fingere che le tredicesime non siano già falcidiate dal saldo dell’Imu e dall’aumento dei prezzi (con un calo dei consumi previsto del 3%). Tutt’altro. Ma proprio per questo c’è da considerare che contrarre in maniera significativa la propria spesa può arrecare un ulteriore danno a chi già è in difficoltà. Paradossi della crisi, quando rottamare la propria auto vecchia di 10 anni e comprare una vettura italiana finisce per assomigliare a un atto di solidarietà con gli operai costretti a troppa cassa integrazione. O non rinunciare a una settimana bianca sugli sci, da lusso della borghesia si trasforma quasi in un atto benefico che consente ad albergatori, camerieri e addetti agli impianti di salvare una stagione a rischio d’essere compromessa. Oppure più semplicemente mantenere l’abitudine del giro dei negozi per fare incetta di regalini a fratelli, zii e nipoti può fare la differenza per molti esercenti, altrimenti costretti a tirare giù la saracinesca col primo gennaio. In una pesante recessione come quella che stiamo vivendo, insomma, potrebbe risultare maggiormente etico spendere i propri soldi per un prodotto che ha dietro di sé il lavoro delle persone, piuttosto che non rattrappirsi nella paura del futuro e accantonare i risparmi (ovviamente sempre per chi ne ha la possibilità). Certo, al primo posto deve rimanere l’aiuto alle tante persone che hanno perso il loro lavoro. Le iniziative di solidarietà nei territori sono tante e meritevoli di un’accresciuta attenzione. Ma in un’economia di mercato si vota anche con il portafoglio e c’è un ruolo da protagonista pure per il consum-attore. Che in buona misura può scegliere e indirizzare il flusso del suo denaro. E qui si aprono altri scenari di valutazione: quali consumi possono risultare maggiormente etici? In quali casi la spesa di ognuno di noi può aiutare di più e meglio la ripresa economica e la salvaguardia dell’occupazione? Quali imprese (e relativi dipendenti) possono essere in qualche modo 'premiate' dal mio consumo? In quali settori economici è meglio 'investire' il proprio budget natalizio? Le risposte sono diverse e ognuno può cercare quella che lo convince maggiormente: dal 'comprare italiano' al commercio equo e solidale; dai prodotti dell’agricoltura biologica all’artigianato fatto a mano; dall’alimentare di qualità fino alle offerte del negozio sotto casa, che magari è un po’ più caro, ma offre un servizio di vicinanza fondamentale in particolare per gli anziani. Stile sobrio e solidale, insomma, per questo Natale, come meglio s’adatta a chi è attento al vero significato della festa. Ma attenti pure a non farsi paralizzare dall’ansia e stringere troppo i cordoni della borsa: ne va – anche – del lavoro degli altri.
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