sabato 19 marzo 2016
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​Un accordo al ribasso dal punto di vista umanitario e al rialzo degli egoismi europei. Un’operazione di facciata  al limite del diritto internazionale, condotta sulla pelle dei rifugiati. La stessa Commissione sembra non crederci molto visto che, per bocca del presidente Juncker, la definisce "opera erculea". Ovvero, impossibile da attuare. Cosa significhi "spostare" (si chiama espulsione) 72mila persone "irregolari" dalla Grecia alla Turchia in poche ore non è chiaro. Né si capisce come verranno scelti i regolari che dovrebbero entrare nella Ue e chi mai li prenderà. E ci vuole coraggio a definire lo Stato turco "Paese terzo sicuro" o "di primo asilo" se, come fanno notare autorevoli esperti, mantiene la limitazione geografica alla Convenzione di Ginevra, quindi esclude siriani, iracheni e afghani dal riconoscimento dello status di rifugiato né garantisce un livello di protezione sugli standard della normativa comunitaria. Insomma, si chiude la saracinesca europea e si deportano i disperati. E la Turchia, dove democrazia e diritti non godono buona salute, diventa il gendarme delle frontiere orientali al prezzo di 6 miliardi. L’aggettivo giusto è quello usato dal cardinale Parolin: umiliante.Una chiusura umiliante, per tutti.
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