Un «gruppo di acquisto politico» per cambiare passo e scenari
mercoledì 27 novembre 2019

Viviamo una stagione di particolare effervescenza politica in cui c’è il rischio paradossale che quasi ogni giorno nasca un nuovo partito. Come cittadini e società civile in rete e organizzata da anni per cercare di costruire buone pratiche e promuovere valori, inclusione e sviluppo sostenibile ci interroghiamo, invece, su quale sia la strategia migliore per avvicinarci al nostro grande traguardo ideale: quello di portare la politica verso il bene comune. I modi conosciuti in cui si può incidere sulla politica sono molteplici. Far circolare le proprie opinioni, lavorare come esperti e 'consiglieri del re', fare campagne di pressione su leggi e questioni specifiche, entrare come singoli in partiti già esistenti, fino ad aspirare di creare un proprio partito.

C’è però un’altra possibilità sinora inesplorata che l’analogia con quanto accade nel sistema economico ci suggerisce. In politica si può scegliere di stare dalla parte dell’offerta (entrare in un partito politico o fondarlo per cercare di farsi eleggere e governare) o dal lato della domanda (restare cittadino che deve decidere per chi votare). Negli ultimi anni l’innovazione dell’organizzazione dal lato della domanda in economia ci propone esempi interessanti come quelli dei gruppi d’acquisto con i quali gruppi di consumatori organizzati si coalizzano per aumentare il loro potere contrattuale nei confronti dell’offerta.

Esistono gruppi d’acquisto che ottengono prezzi più convenienti per l’approvvigionamento energetico e gruppi d’acquisto 'solidali' (Gas) che creano rapporti diretti con i produttori saltando la distribuzione per dividersi con essi i margini della distribuzione stessa. Analogamente in politica la strategia oggi forse ottimale ai fini dell’obiettivo del bene comune è quella di costruire un 'gruppo d’acquisto politico'. Ovvero un’associazione di cittadini elettori che comunica la propria visione e il proprio desiderio di Paese attraverso un manifesto e un programma (in punti semplici ed essenziali) firmato dal maggior numero di persone. E dichiara che i suoi aderenti si impegneranno a votare per la forza politica che maggiormente si avvicinerà a quel programma. Se ci pensiamo è esattamente la strategia che, con finalità molto meno condivisibili, utilizza la criminalità organizzata o comunque gruppi che seguono logiche clientelari. Dichiarando di 'controllare' un pacchetto di voti che verrà indirizzato verso il candidato o la forza politica maggiormente capace di difendere i propri interessi. In questo caso però, fatta salva la libertà di scelta degli aderenti che partecipano per convinzione e non per costrizione, il gruppo d’acquisto politico utilizza la sua forza di pressione per perseguire un obiettivo trasparente e alla luce del sole di bene comune.

L’analisi della particolare situazione dell’Italia suggerisce i numerosi vantaggi di questa opzione. L’obiettivo – difficile – di partire da zero con un nuovo partito e di 'sconfiggere' i partiti esistenti per governare secondo il proprio programma si sostituisce con quello – impegnativo, ma più semplice – di diventare un 'magnete' che attrae i partiti esistenti verso una visione e un programma desiderabili e desiderati. Inoltre, dal lato dell’offerta la concorrenza politica è frenetica e il rischio di dispersione e frazionamento enorme. Al di là dei programmi pesano moltissimo le capacità di finanziamento, l’abilità nella comunicazione e la forza che i leader hanno creato nel tempo, fondata spesso sulla comunicazione stessa. Un nuovo partito che nascesse con le migliori intenzioni si troverebbe in un’arena difficilissima con dei costi di avviamento proibitivi. La scelta di organizzare il lato della domanda organizzando un 'gruppo di acquisto politico' invece elimina ogni ragione di conflitto con le forze politiche esistenti. Il' gruppo d’acquisto politico' non ha pregiudiziali ed è disposto a votare chi maggiormente (e in modo credibile) si avvicina al proprio manifesto e al proprio programma.

Certo, se si verificasse a un certo punto del percorso che l’avvicinamento dei partiti esistenti è insufficiente e se il pacchetto di consenso creato dal gruppo d’acquisto fosse molto importante nascerebbe forte la spinta alla nascita di un partito nuovo che andasse a far proprio esattamente quel manifesto e quel programma. L’altro enorme vantaggio è che esiste nel nostro Paese una 'materia prima' formidabile per avviare questa esperienza: un’esperienza radicata di collaborazione in rete tra moltissime e rilevanti forze sociali, che unisce credenti e non credenti e che si è cementata con azione e progetti comuni nel pre-politico sulla base di una visione del mondo condivisa (si pensi solo alle reti dei Festival, all’Alleanza contro la povertà, al Forum diseguaglianze diversità). Mentre moltissimi dei componenti di quest’enorme rete guarderebbero con sospetto la chiamata alle armi per la militanza in un nuovo partito non avrebbero molto probabilmente nulla in contrario (e guarderebbero anzi con entusiasmo) alla possibilità di incidere maggiormente nella scena politica attraverso questa forma innovativa di partecipazione. In un certo senso anche movimenti spontanei di massa come quelli delle Sardine esprimono questo desiderio, ma non la riposta: vogliamo una politica diversa, ma come?

I tempi sono ormai maturi, anzi urgenti. Cittadini ed elettori di buona volontà che hanno a cuore il bene comune possono davvero unirsi per costruire un 'gruppo di acquisto politico'. E cominciare a cambiare il Paese.

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