martedì 18 febbraio 2020
La diplomazia ha aperto una stagione di confronto in grado di delineare un futuro di scambi positivi. L’incontro tra monsignor Gallagher e il ministro Wang Yi
Un gruppo di fedeli cinesi durante un’udienza generale in piazza San Pietro

Un gruppo di fedeli cinesi durante un’udienza generale in piazza San Pietro - Ansa

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L’incontro avvenuto a Monaco il 14 febbraio tra monsignor Paul Richard Gallagher e il ministro cinese Wang Yi è senza precedenti. Molti commenti hanno fatto riferimento alla fine delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Cina nel 1951 e ricordato l’internunzio Riberi. Ma è un confronto improprio: si tratta di una novità storica assoluta. Nessun ministro dei Riti dell’Impero cinese (221 a. C.-1911) – che non aveva un ministero degli Esteri e il cui il ministero dei Riti si occupava di contatti internazionali – e nessun ministro degli Esteri della Repubblica di Cina (1912-1949) ha mai incontrato un rappresentante della Santa Sede di così alto livello. È toccato per la prima volta il 14 febbraio 2020 a un rappresentante della Repubblica popolare cinese.

Ciò implica anche che mai, nella sua lunga storia, la Cina ha avuto tanto interesse per il Papa e la Santa Sede quanto ne ha oggi. Secondo il Ministero degli Esteri di Pechino, Wang Yi avrebbe incontrato il segretario vaticano per i rapporti con gli Stati 'su richiesta'. In passato la Santa Sede ha effettivamente sollecitato questo tipo di incontri, lamentando che il dialogo veniva tenuto a un low profile, senza coinvolgere autorità cinesi di alto livello e lasciando perciò aperti dubbi sulla reale volontà della controparte. Ma di un interesse cinese all’incontro tra i due ministri degli Esteri si era già parlato in occasione della giornata dedicata alla Santa Sede nell’Expo sull’Orticultura che si è tenuto a Pechino lo scorso anno. E il riferimento a una richiesta vaticana potrebbe compensare l’imbarazzo di un Paese con '5.000 anni di civiltà', che sperimenta oggi un momento difficile, ma che afferma anche orgogliosamente di non voler permettere all’epidemia di fermare la sua «marcia verso un ringiovanimento nazionale». In ogni caso, un incontro così importante, in assenza di normali relazioni diplomatiche, presuppone da parte cinese motivazioni molto forti.

Sono quelle che emergono da una presentazione inusualmente ampia dell’evento da parte del Ministero degli Esteri cinese, secondo cui Wang Yi ha anzitutto ringraziato monsignor Gallagher per la partecipazione della Santa Sede alle difficoltà at- traversate dal popolo cinese davanti alla grave emergenza del coronavirus. I veri amici infatti – ha scritto Xi Jinping a Mattarella – si vedono nel momento del bisogno. Ma non c’è stato solo un ringraziamento: il ministro degli Esteri cinese ha anche manifestato la convinzione che la Santa Sede spingerà la comunità internazionale ad abbandonare atteggiamenti non equilibrati, irrazionali e poco scientifici nei confronti degli «sforzi cinesi per contrastare l’epidemia e salvaguardare la salute e la sicurezza del mondo». Pechino, insomma, è certa che la Santa Sede darà un contributo positivo per aiutare la Cina nell’emergenza virus, mentre altri stanno remando contro. In passato, da parte cinese si consideravano i comportamenti di molti Stati occidentali decisamente migliori di quelli della Santa Sede, ora il giudizio appare rovesciato. Il ministro degli Esteri ha detto inoltre che l’incontro di Monaco non è stato un episodio isolato ma «una continuazione degli scambi tra Cina e Vaticano iniziati da un certo tempo». Insomma, è l’espressione di un rapporto che ha già acquisito solidità. Per Pechino, infine, ancora più importante è il fondamento dell’atteggiamento vaticano: «l’amore e le benedizioni per la Cina espresse pubblicamente da Papa Francesco in molte occasioni». Per il governo cinese, cioè, ci si può fidare di Francesco e della Santa Sede.

Pechino ha idee chiare anche sul futuro di questo rapporto. Il Ministero degli Esteri sottolinea che le due parti hanno convenuto sulla necessità di «concentrarsi sulla situazione generale e promuovere congiuntamente il rispetto reciproco e l’apprendimento reciproco tra le diverse civiltà per creare un mondo pacifico». Anche il comunicato vaticano conferma che si è parlato di questi temi – con l’aggiunta significativa dei diritti umani – dopo aver ribadito «la volontà di proseguire il dialogo istituzionale a livello bilaterale per favorire la vita della Chiesa cattolica e il bene del Popolo cinese». Concentrarsi sulla situazione generale significa assegnarle una priorità nel dialogo tra le due parti. Per Pechino, insomma, la Santa Sede è un interlocutore amichevole e affidabile con cui sviluppare una collaborazione sulle grandi questioni internazionali. Ciò non significa che non si vogliano affrontare i problemi inerenti la situazione della Chiesa cattolica in Cina. Wang Yi giudica in modo lusinghiero l’Accordo provvisorio sulla nomina di vescovi del 22 settembre 2018 come una «pratica pionieristica» che ha ottenuto «risultati positivi». Ha aggiunto poi parole molto impegnative: «la parte cinese è disposta a rafforzare ulteriormente la comprensione con la parte vaticana e ad accrescere la fiducia reciproca, in modo che lo slancio dell’interazione attiva tra le due parti continui ad andare avanti». Ma a Pechino preme in primo luogo la collaborazione con la Santa Sede sulle grandi questioni della politica internazionale: la pace nel mondo, il problema dell’ambiente, le organizzazioni multilaterali ecc.

Come sempre quando si parla dell’atteggiamento cinese verso la Santa Sede, torna la domanda: ci si può fidare dei cinesi? Risposero di no vari cardinali chiamati da Leone XIII nel 1886 a valutare la richiesta dell’Impero cinese di stabilire relazioni diplomatiche con la Santa Sede (ma il Papa non diede loro retta: l’accordo fallì per altre ragioni). Gli stessi interrogativi si sono riproposti con tutti i pontefici successivi fino a oggi. I contrari all’Accordo sostenevano che i cinesi fingessero di volerlo e che non l’avrebbero mai firmato; dopo la firma, si è detto invece che non avrebbero rispettato i patti; quando li hanno rispettati, si è affermato che non avrebbero accettato di discutere altri problemi oltre la nomina dei vescovi e così via. In tempi di coronavirus, infine, non fidarsi dei cinesi sembra addirittura una scelta obbligata. Tuttavia, che il governo di Pechino cerchi un’ampia collaborazione con la Santa Sede è plausibile in tempi di 'nuova guerra fredda'. Perché poi dire parole tanto positive sull’Accordo e tanto impegnative sul futuro del dialogo tra le due parti se si volesse andare in direzione contraria? Non solo le parole ma anche i fatti hanno evidenziato inoltre negli ultimi anni un atteggiamento cinese verso la Santa Sede complessivamente costante. In ogni caso, l’incontro tra Gallagher e Wang Yi mostra che, proprio in contesti di grande sfiducia complessiva, la fiducia permette risultati straordinari: anche la strada verso questo incontro non è stata facile e lineare, ma la fedeltà alla politica dei piccoli passi ha preparato un grande evento.

Wang Yi ha detto che l’incontro «aprirà più spazio per futuri scambi tra le due parti». Non sappiamo quali saranno i prossimi passi. L’epidemia attualmente in corso potrebbe ritardare l’ordinazione di nuovi vescovi, che pure era prevista e di cui si sono già compiuti alcuni passaggi preliminari. Per quanto riguarda i vescovi clandestini, l’incontro di Monaco conferma in modo molto chiaro quale sia la volontà del Papa e dei suoi collaboratori: ciò potrebbe incoraggiare i clandestini ad accelerare il cammino verso la richiesta di riconoscimento. Ma è soprattutto sul terreno dei rapporti tra Santa Sede e Repubblica popolare cinese che potrebbero esserci nuovi sviluppi in tempi relativamente ridotti. Dopo l’incontro tra i due ministri degli Esteri, infatti, siamo ormai decisamente oltre il mero riconoscimento di fatto tra le due parti implicito nell’Accordo del 22 settembre 2018. Le relazioni diplomatiche sono probabilmente ancora lontane. Ma tutto lascia pensare che, alla sua prossima scadenza, l’Accordo provvisorio possa essere rinnovato e forse anche rafforzato. È stata anche posta una premessa che apre la strada a incontri tra rappresentanti della Santa Sede e della Repubblica popolare cinese di livello ancora più alto. Dopodiché anche un incontro al massimo livello tra Francesco e il presidente Xi Jinping potrebbe diventare una possibilità concretamente realizzabile. In ogni caso, che monsignor Gallagher e il ministro Wang Yi si siano incontrati a Monaco pone certamente su fondamenta più solide e su binari più sicuri il rapporto tra la Santa Sede e la Cina. Non è poco, dopo secoli di rapporti indiretti e tormentati.

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