Referendum, gente semplice e buro-complicazioni
mercoledì 30 novembre 2016

Gentile direttore,
ci sono vicende che raccontano il Paese o quanto meno la sua amministrazione. Un esempio: ai richiedenti asilo viene rilasciato al momento della domanda di protezione il codice fiscale. È un fatto positivo perché si evita alle persone di girare per uffici e seguire procedure che non conoscono. Purtroppo il codice rilasciato non si può utilizzare né presso le Asl né presso i servizi per il lavoro, né per stipulare un contratto di lavoro perché è un codice numerico e non alfanumerico, quindi non solo non è accettato, ma non è imputabile nei software. La conseguenza è che non solo bisogna andare all’Agenzia delle entrate, ma bisogna andarci accompagnati e con carta del responsabile della struttura di accoglienza. È un piccolo specchio di come va il Paese, di come ogni ente guardi a sé e dentro sé, della sua coerenza interna... Racconta di un’amministrazione con uffici che non si parlano, e di burocrazia. Ora non so se il referendum servirà a risolvere questi problemi, ma mi piacerebbe.
Fabrizio Floris - Torino

Anche a me, caro dottor Floris, piacerebbe se il referendum che stiamo per votare servisse a sciogliere i grumi assurdi che rendono la nostra macchina statale “sorda e muta” al proprio interno e contemporaneamente greve e incomprensibile per vecchi e nuovi cittadini. Ma so anche che questo referendum sarà, se lo sarà davvero, solo un primo e imperfetto passo. E vedo troppi politici impegnati ad accendere e a usare elettoralmente “guerre tra poveri” piuttosto che a metter testa ai veri problemi della gente semplice alle prese con un’amministrazione pubblica ancora e sempre complicata.

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