Si muovono i generali: «Uscire dall'anarchia»
Khan ha la maggioranza, ma non può governare a causa di veti incrociati. Sia lui che Sharif rivendicano la vittoria. Già si profila il riconteggio

Non hanno ancor un risultato definitivo le elezioni pachistane dell’8 febbraio per l’Assemblea nazionale, sia sul piano dei risultati, sia per le prospettive di governabilità. I brogli e le manovre denunciati soprattutto dal Pakistan Tehreek-i-Insaf indirizzato dal carcere dal fondatore Imran Khan, potrebbero portare a una nuova conta parziale.
Kahn ha infatti la maggioranza, ma non potrebbe formare il governo per frammentazioni e veti incrociati. Inoltre, la necessità per i due partiti maggiori, il Pti (che su 266 seggi in gioco ne ha ottenuti 99 con il sostegno degli indipendenti) e la Lega musulmana (71 seggi), di raccogliere adesioni per opposte coalizioni potrebbero rendere difficoltoso l’avvio di riforme indispensabili.
Entrambi i leader del Pti e della Lega, Khan e Nawaz Sharif , hanno dichiarato vittoria e il via a consultazioni con i gruppi. Un processo più facile per Sharif (favorito) che cerca l’appoggio del Partito del popolo pachistano (Ppp) che di seggi ne ha 53. Il Pti punta a coinvolgere partiti minori che contano 27 seggi.
Centrali nello sviluppo della crisi che ha portato alla destituzione da premier e all’imprigionamento di Imran Khan, ma anche – viene denunciato – nelle manovre per orientare i risultati elettorali, i vertici militari hanno segnalato che il Pakistan deve «rompere con la politica di anarchia e polarizzazione che non si addice a un paese progressista». Per molti la mano tesa alla Lega musulmana che i generali hanno sostenuto nel recupero di ruolo politico e nel rientro con amnistia del suo leader in tempo per il voto.
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