Putin adesso provoca: «Per incontrarmi, Zelensky venga a Mosca»

Dopo la notte degli incontri, l’ottimismo è meno palpabile. Trump non esclude che il leader russo «non voglia l’accordo». Le prossime due settimane saranno decisive
August 18, 2025
Putin adesso provoca: «Per incontrarmi, Zelensky venga a Mosca»
Fotogramma | Volodymyr Zelensky alla Casa Bianca
Le speranze di aver fatto un passo verso un accordo di pace in Ucraina, sollevate dal faccia a faccia fra Donald Trump e Volodymyr Zelensky e dal vertice con i leader europei alla Casa Bianca, si sono sgonfiate notevolmente ieri. Ma si continua a trattare. Le vaghe assicurazioni del presidente americano di lunedì hanno avuto infatti il merito di aprire un dialogo transatlantico sulle garanzie di sicurezza da offrire all’Ucraina, anche se ieri hanno ceduto il posto all’incertezza. «È possibile che Vladimir Putin non voglia raggiungere un accordo. Scopriremo di più su di lui nelle prossime due settimane», ha detto ieri il capo della Casa Bianca in un'intervista a Fox. Una frase pronunciata più volte negli ultimi mesi, prima che Trump avesse modo di sondare le intenzioni del capo del Cremlino nel corso di varie telefonate e di uno “storico” incontro a due in Alaska.
Anche la notizia del sì di Putin a un vertice bilaterale «entro fine agosto» con Zelensky, rimbalzata nella notte, è evaporata alle prime luci del giorno. «I preparativi sono in corso», aveva detto il tycoon. Poi è emerso che lo zar già lunedì aveva proposto Mosca come sede, ricevendo un secco “no” dall'omologo ucraino. E si è tornati alla casella di partenza anche se la Casa Bianca dice che «si sta lavorando» al faccia a faccia.
È vero che i sei capo di Stato e di governo europei che erano accorsi a Washington per dare manforte al presidente ucraino sono tornati nel Vecchio continente parlando di un incontro costruttivo. Colloqui “intensi”, come ha messo in evidenza il cancelliere tedesco Friedrich Merz, ma che hanno almeno messo in evidenza l’impegno americano a offrire garanzie di sicurezza. Resta però la consapevolezza che Putin continua a tenere il mondo in scacco e che qualsiasi progresso può essere vanificato dalla sua determinazione a prendere tempo. «Dubito che Putin voglia la pace», ha detto il francese Emmanuel Macron, chiedendo «un aumento delle sanzioni» se i negoziati falliranno. Il leader del Cremlino «non è affidabile», ha aggiunto il presidente finlandese Alexander Stubb. «Stiamo valutando garanzie stile-articolo 5 della Nato», ha messo invece in evidenza il segretario generale Mark Rutte, anche se ha chiarito che non si è parlato dell'eventuale dispiegamento di truppe americane e che la proposta americana manca di dettagli. «Gli occidentali formalizzeranno le garanzie di sicurezza per l’Ucraina entro 10 giorni», ha concluso Zelensky, lasciando intendere che le trattative continuano. Intanto Trump rassicurava Putin: «L'Ucraina non sarà parte della Nato», ha ribadito, evitando di precisare in che cosa consisterà la protezione che Washington è disposta a fornire. «Francia, Germania e Regno Unito vogliono truppe sul campo in Ucraina», si è limitato a dire.
Mosca ha apprezzato. «La Russia crede che il presidente americano voglia sinceramente raggiungere un risultato che sarà a lungo termine, stabile e affidabile – ha detto il ministro degli Esteri Sergeij Lavrov. Il presidente Trump e il suo team, soprattutto dopo il vertice in Alaska, hanno iniziato ad affrontare molto più profondamente la risoluzione di questa crisi, comprendendo che è necessario eliminare le cause primarie, come noi, come il presidente Putin, abbiamo costantemente detto».
Implicita, in questa frase-ritornello, è la certezza che Mosca non accetterà mai truppe occidentali in Ucraina. Meglio la Cina, che Putin lunedì ha menzionato a Trump come possibile «garante» di un accordo con l'Ucraina.

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