Perché Trump tace (e acconsente) sul piano di occupazione di Netanyahu
Il presidente Usa vuole mettersi alle spalle una guerra impopolare e sa che nulla potrà fermare il premier israeliano. Ritiene che ora la linea del silenzio sia più efficace di un pronunciamento

La pazienza di Donald Trump per i negoziati fra Hamas e Israele è arrivata alla fine. Il presidente Usa vuole mettersi alle spalle una guerra impopolare sulla quale la sua Amministrazione non riesce a fare progressi – nonostante fosse uno dei due conflitti che aveva promesso di risolvere in pochi giorni non appena entrato in carica. La scorciatoia che il capo della Casa Bianca è pronto a prendere per mettersi alle spalle sia l’orrore delle immagini nella Striscia che la pressione dell’opinione pubblica affinché faciliti una soluzione, compresa, per la prima volta, di buona parte dell’elettorato di fede ebraica e di cittadini israeliani, va però nella direzione opposta di quella auspicata dalla comunità internazionale. Trump non eserciterà nessuna pressione su Benjamin Netanyahu affinché allenti la presa militare su Gaza, come gli hanno invece chiesto anche 600 funzionari della sicurezza israeliani in pensione, tra cui ex capi di agenzie di intelligence. Il tycoon avrebbe invece dato via libera al piano del premier israeliano di occupare del tutto la Striscia, decisione che allontana la prospettiva di una soluzione a due Stati, che in teoria resta la posizione ufficiale di Washington per il Medio Oriente. Secondo funzionari e media israeliani, infatti, dopo discussioni fra Israele e l’Amministrazione repubblicana, Trump avrebbe dato luce verde. «C’è una crescente consapevolezza che Hamas non sia interessata a un accordo», ha affermato un funzionario a condizione di anonimato. Il presidente avrebbe dato il suo consenso a un ultimatum a Hamas: rilasciare i 20 ostaggi che restano nei tunnel e accettare le condizioni israeliane per il disarmo, altrimenti la guerra si espanderà nelle aree dove si pensa che il gruppo terroristico detenga gli ostaggi. L’aut aut dovrebbe preparare il terreno per un nuovo capitolo, ancora più sanguinoso, della guerra, che si concluderebbe con l’annessione di Gaza. La Casa Bianca martedì si è rifiutata di commentare, ma Steve Witkoff, inviato speciale del presidente Usa per i negoziati, ha già detto alle famiglie degli ostaggi a Tel Aviv che la sua ultima proposta per un cessate il fuoco temporaneo e il ritorno di circa la metà dei prigionieri ancora detenuti da Hamas «non funziona». Trump, ha detto Witkoff, «ora cerca un piano tutto o niente». In questo contesto, il presidente americano sarebbe arrivato alla conclusone che «non c’è più spazio per la diplomazia». Mentre la comunità internazionale è sempre più critica nei confronti della situazione nella Striscia e isola sempre di più Israele, dunque, Netanyahu è riuscito a convincere Trump che l’occupazione è la mossa più facile da compiere per smantellare Hamas e mettere fine alla guerra, sbarazzando Washington da un problema scomodo. The Donald potrebbe anche aver intuito che, salvo un impensabile blocco alle forniture militari Usa a Israele, nulla potrà fermare il primo ministro israeliano, e contraddirlo lo metterebbe in una posizione di debolezza agli occhi del mondo. Mondo che da settimane chiede chiarezza e coraggio al commander-in-chief americano ma sembra destinato a continuare a ricevere risposte vaghe o contraddittorie. Dopo aver dato al premier britannico Keir Starmer il suo consenso al possibile riconoscimento dello Stato palestinese, infatti, Trump lo ha pubblicamente denunciato. Non c’è dunque da aspettarsi un pronunciamento pubblico del presidente sull’occupazione di Gaza, ma un silenzio che lascia la massima discrezione a Netanyahu.
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